domenica 22 aprile 2018

DIME WEB INTERVISTA ALEX HORLEY! (LE INTERVISTE LVI)

a cura di Elio Marracci

Parliamo oggi con Alex Horley, pseudonimo di Alessandro Orlandelli, milanese del 1970. Fumettista e illustratore, dopo una prima esperienza come disegnatore di pin up e copertine per il mensile "Kaos", partecipa ai progetti "Alba nera" per Granata Press e "Mutant Chronicles" per Acclaim. Successivamente lavora per numerosi editori statunitensi - come Dark Horse Comics, Marvel, DC Comics (dove diventa una delle colonne portanti di "Lobo"), Verotik Comics, Vertigo, Image Comics, Penthouse Comix e per la rivista "Frank Frazetta Fantasy Illustrated". È attivo anche nel campo delle trading cards dove, nel corso della sua carriera, ha prestato la sua opera a giochi come Batman Master Series, Magic the Gathering e Harry PotterAttualmente collabora con la Blizzard Entertainment, realizzando storyboard e illustrazioni per "World of Warcraft" e "Hearthstone".




DIME WEB - Per i lettori che non ti conoscono potresti presentarti in due parole?

ALEX HORLEY - In due parole: ho cominciato a disegnare all’asilo e non ho ancora smesso... Sono nato e cresciuto nella provincia di Milano, classe 1970, ho da sempre avuto questa passione e con determinazione e perseveranza sono riuscito a farne una professione.


DW - Come è nata in te la passione per il fumetto e l'illustrazione?

AH - Fin da piccolo ho sempre avuto fumetti in giro per casa; avendo un fratello molto più grande Tex è sempre stato presente nel mio immaginario, insieme a Topolino e soci. Ma sono stati i Super Eroi Marvel/Corno prima e i cartoni giapponesi poi che mi hanno “mostrato la via”. Ricordo che a 7-8 anni avevo già deciso che da grande avrei disegnato fumetti o cartoni animati come lavoro e ho avuto la fortuna di avere una famiglia che ha sempre tollerato e assecondato questa mia “mania”.




DW - Quali studi hai fatto?

AH - Liceo artistico e accademia di Brera, ma sono praticamente autodidatta. Ai tempi non insegnavano nulla che mi potesse servire, a parte qualche corso di anatomia; e poi non esistevano molte scuole specializzate come adesso. Ma ho comunque mosso i primi passi nell’editoria che ancora frequentavo l’accademia, quindi è andata bene lo stesso.


DW - Una tua nota biografica, ovvero il fatto che tu sia nato a Milano nel 1970, mi fornisce lo spunto per chiederti: in che misura questa metropoli è presente nella tua opera?

AH - Credo vicino allo zero... Essendo cresciuto in provincia dove una volta era veramente “tutta campagna”, o almeno fabbriche da una parte e campagna dall’altra, la città per me è sempre stata una dimensione un po’ claustrofobica. E poi ho sempre prediletto soggetti più organici, personaggi, animali e soprattutto mostri, mentre le architetture non sono mai state il mio forte. Nulla però contro Milano; per me persino città come New York o Los Angeles sono stupende, da turista, ma non credo che riuscirei a viverci.




DW - Hai lavorato sia per il mercato italico che per quello estero, in particolar modo quello americano. Quali analogie e quali differenze hai trovato tra questi due ambienti?

AH - In realtà per il mercato italiano ho lavorato veramente poco, il che mi dispiace davvero. Il mercato americano è, da quello che ho capito, abbastanza diverso da quello Europeo, almeno per quanto riguarda il fumetto. È un po’ più un meccanismo a tempo, le scadenze sono spesso la cosa più importante e all’inizio non è stato facile conciliare velocità e qualità, ma è stata una buona palestra.


DW - Hai disegnato characters delle case editrici italiane e statunitensi più famose. A quale di questi sei più legato e perché?

AH - Lobo è ancora uno dei miei personaggi preferiti anche se ultimamente si è un po’ uniformato al mainstream; all’inizio è stato piuttosto innovativo con la sua brutale anarchia anche a livello grafico.



DW - Oltre ad una vasta produzione di illustrazioni e albi a fumetti hai realizzato immagini per giochi di carte come, tra i moltissimi, Magic the Gathering, Harry Potter e HearthstoneChe differenza c'è tra l'approcciarsi a un disegno per una card rispetto a una tavola di fumetto?

AH - Con una carta, o una cover, bisogna raccontare un’intera scena, suggerire le emozioni dei personaggi e il contesto spaziale in una singola immagine che deve essere poi “leggibile” anche in dimensioni molto ridotte, mentre ovviamente un fumetto dà modo di sviluppare tutti questi elementi con intere sequenze di immagini.


DW - C'è un motivo particolare per cui firmi i tuoi lavori con uno pseudonimo?

AH - In realtà è semplicemente perché quando ho iniziato mi son detto: se uso uno pseudonimo e mi va male posso sempre cambiarlo e riprovarci in un secondo tempo, ma hanno iniziato a pubblicarmi con quello, cosi è rimasto.



DW - Hai prestato la tua arte a personalità del calibro di Jovanotti, Gene Simmons dei KISS e Rob Zombie. Visto che li hai conosciuti da vicino potresti raccontare un aneddoto su ciascuno di questi personaggi?

AH - Sono tutti dei grandissimi professionisti, in primo luogo. Ho conosciuto e lavorato anche con Glenn Danzig dei Misfits, uno dei miei gruppi preferiti. Non ho aneddoti particolari... Gene è un ”personaggio” 24/7 e ricordo un block notes dove sono appuntate tutte le migliaia di idee che ha per ogni tipo di progetto o merchandising, roba assurda ma di cui purtroppo non posso parlare. Sia Gene che Rob hanno una conoscenza enciclopedica di tutto ciò che è “pop”, film, fumetti, arte in generale.


DW - Esiste una pubblicazione o un personaggio, anche non tuoi, che hai amato sopra ogni altro?

AH - Conan il Barbaro, versione Marvel, disegnato da John Buscema. Ancora oggi continuo a comprare ristampe o numeri mancanti. Negli anni 80 la rivista "L’Eternauta" mi ha fatto scoprire un mondo nuovo, una visione piu’ “adulta” del media, ma non per questo meno stimolante, anzi. E naturalmente "Heavy Metal", versione USA di "Metal Hurlant", con mostri sacri come Moebius, Corben e Druillet che semplicemente hanno rivoluzionato il linguaggio del fumetto.




DW - A quale settore sei più affezionato tra tutti quelli in cui hai lavorato?

AH - Tutti quelli che mi permettono di dipingere, figurine, poster, copertine... anche se comunque il primo amore, il fumetto, è un tarlo da cui non riesco a liberarmi e spero prima o poi di potermici dedicare ancora.


DW - Quali sono gli artisti che ti hanno ispirato?

AH - Tantissimi, in momenti diversi, oserei dire quasi tutti. Ma su tutti, Frank Frazetta - che è il motivo per cui ho iniziato a dipingere - John Buscema, Jack Kirby, Go Nagai, Richard Corben, Bernie Wrightson, Bill Sienkiewicz, Simon Bisley...




DW - Quanto di te è presente nel tuo lavoro? Quanto di quello che ti circonda? E quanto c'è di inventato?

AH - Sono prevalentemente mondi immaginari, quelli in cui mi muovo, ma credo che forse il mio amore per la natura e gli animali a volte si intraveda anche se attraverso una lente deformante. Di me non saprei, forse nella mia predilezione per i mostri, nel mio identificarmi con loro più che con gli “eroi” si cela qualcosa a livello inconscio, ma non ho mai analizzato la cosa più di tanto.


DW - Sei un disegnatore metodico che lavora a orari stabiliti, oppure sei uno di quelli che si alza di notte a disegnare perché ti è venuta l’ispirazione?

AH - Il lusso di lavorare in base all’ispirazione se lo possono concedere in pochi. Quando si hanno delle scadenze bisogna produrre, ispirazione o meno. Alcuni lavori verranno meglio altri peggio, ma è fisiologico. Sono abbastanza metodico, non per natura, ma per esigenza. Anche se ho notato che a volte rendo meglio sotto “pressione”, preferisco cercare di mantenere un passo costante.



DW - Come si svolge la tua giornata tipo?

AH - Di solito controllo email e social vari, prima di attaccare, ma sempre con un occhio all’orologio, poi semplicemente inizio a lavorare sul dipinto con la scadenza più incombente. Pausa pranzo di un’ora circa e poi via fino alle 7-7:30 o finché i muscoli sottoscapolari iniziano a farsi sentire.


DW - Quali fonti usi per documentarti?

AH - Beh, Google all’80% e poi i libri che ho raccolto nel corso degli anni (pre-Google).




DW - Oltre ai libri e ai fumetti che sicuramente userai per documentarti, quali altre letture fai?

AH - Ultimamente poche, ma mentre in passato ho letto moltissima narrativa, adesso preferisco saggi o biografie: recentemente ho riletto una biografia di Caravaggio.


DW - Visto che oggi l'utilizzo di questo macchinario è imprescindibile per qualsiasi lavoro vorrei sapere: come ti poni nei confronti del computer?

AH - All’inizio ho avuto molti pregiudizi nei confronti dei computer ma sono molto contento di averli superati. Svolgo ancora il mio lavoro in modo tradizionale, pennelli e colori acrilici e a olio, ma il computer, e in particolare Photoshop, sono diventati indispensabili per velocizzare i tempi, specialmente nelle fasi di layout, bozzetti, ecc. dove le revisioni non mancano mai.



DW - Da professionista ormai affermato che consigli daresti a chi si volesse affacciare al mondo dell'illustrazione e del fumetto?

AH - Di avere molta pazienza e perseveranza, non cercare scorciatoie e cercare di non auto-limitarsi e studiare tutto, anche cose che apparentemente sembrano non riguardare il nostro campo. Ho conosciuto tanti aspiranti fumettisti o video-game designer che non hanno mai messo piede in un museo d’arte ed è una lacuna molto limitante.


DW - A cosa stai lavorando attualmente?

AH - Principalmente a Hearthstone, il gioco di carte online della Blizzard, e poi sto lavorando a diversi progetti per Court of the Dead, della Sideshow Collectibles. E nel “tempo libero” butto giù idee e bozzetti per storie che difficilmente riuscirò a realizzare, ma servono comunque come valvola di sfogo.



DW - C'è una domanda che non ti è stata fatta alla quale vorresti rispondere?

AH - No. Vorrei solo ricordare il mitico Roberto Ghiddi, che è stato il mio primo Art Director, ai tempi della Granata Press e grazie a lui ho mosso i primi passi da professionista.




a cura di Elio Marracci

N.B. Trovate i link agli altri colloqui con gli autori su Interviste & News!

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