domenica 28 febbraio 2016

THE BEST OF MARTIN MYSTÈRE (I): INTRODUZIONE E "IL TESCHIO DEL DESTINO" (MM 11-12, 1a scheda - 1a parte)

di Massimo Capalbo

Il nostro infaticabile Max The Magician (già conosciuto e apprezzato su Dime Web e in Rete grazie ai suoi tre dizionari bonelliani dedicati a Tex, Zagor e Mister No - opere in fieri che arrichiscono da anni i Quaderni Bonelliani) ne ha estratta un'altra dal suo cilindro! Ha selezionato le 50 migliori avventure del BVZM e per ciascuna ha stilato un'esauriente e illustratissima scheda (a proposito di immagini, tutte quelle iniziali sono state scelte dalla Redazione). Martin Mystère è da sempre un nostro beniamino - non fosse altro per il fatto che apparve sulla copertina dello storico numero 1 di Dime Press! A noi non resta dunque che augurarvi buona lettura, affidandovi all'introduzione di Capalbo e alla prima puntata di questa nuova avventura, dedicata alla prima parte di un classico: Il teschio del destino! (s.c. & f.m.) 

Il teschio del destino diventa, nelle mani del geniale Alex Dante, un capolavoro cinematografico!


Introduzione

Oltre trent'anni fa, nell’aprile del 1992, cadeva il decennale di Martin Mystère, l’archeologo e scrittore newyorkese nato dalla vulcanica fantasia di Alfredo Castelli. Un mese dopo, usciva - per i tipi della fiorentina Glamour - il primo numero di Dime Press, il magazzino bonelliano che, come tutti sapete, è l'antenato diretto di Dime Web. Il suddetto numero, oltre a fregiarsi di una bella copertina di Giancarlo Alessandrini (il creatore grafico del professor Mystère), che raffigurava proprio il Detective dell'Impossibile intento a festeggiare i suoi dieci anni di vita editoriale assieme all'assistente neanderthaliano Java, all'amata Diana e ad altri suoi comprimari (in mezzo ai quali Alessandrini aveva ritratto anche se stesso), ospitava un lungo e interessante dossier sul personaggio. Tale dossier comprendeva, tra le altre cose, un articolo intitolato Quella splendida dozzina: si trattava di una selezione delle dodici storie mysteriane più belle, scelte e commentate dai collaboratori di Dime Press. Prendendo spunto proprio da questo articolo, abbiamo pensato di realizzare qualcosa di simile, senza però limitarci a una dozzina di storie, ma ampliandone il numero a cinquanta.


Un classico intramontabile: Martin Mystère, in un'altra interpretazione del bravissimo Alex Dante
 
Cinquanta come gli anni di carriera di Castelli (che si definisce da sempre l'umile biografo di Martin Mystère), come gli anni che dimostra il Detective dell'Impossibile (il quale ne ha in realtà oltre settanta, essendo nato nel 1942), come gli anni di permanenza nelle edicole che ci auguriamo il personaggio riesca a raggiungere e, se possibile, superare. A parte ciò, la scelta di analizzare più del quadruplo delle storie selezionate all'epoca dallo staff di Dime Press nasce, anche e soprattutto, da un semplice fatto: la maggiore quantità di materiale mysteriano che abbiamo oggi a disposizione. Se, infatti, nel maggio 1992 le storie di Martin Mystère ammontavano circa – tra serie regolare, Speciali e Almanacchi (Giganti, Maxi, Zona X e One-Shot erano a quel tempo ancora di là da venire) – a cento; nel momento in cui scriviamo, invece, esse hanno quasi raggiunto quota quattrocento. C'è, pertanto, molto più materiale da selezionare e, sebbene metà delle storie analizzate siano comprese nel decennio 1982-'92 (che è stato indubbiamente il periodo d'oro della testata) e siano tutte sceneggiate da Castelli, non potevamo certo ignorare le storie successive, in particolare quelle scritte dal compianto Paolo Morales, a nostro avviso il miglior autore mysteriano dopo il Buon Vecchio Zio Alfy.
Quale criterio abbiamo seguito nella suddetta cernita? 

Il BVZA (Buon Vecchio Zio Alfy, ovvero Alfredo Castelli) con il BVZM (Buon Vecchio Zio Marty, cioè Martin Mystère)!

 
Anzitutto, un criterio soggettivo: in poche parole, abbiamo scelto quelle che, secondo i nostri gusti personali, sono le storie più riuscite. Tuttavia, siamo altresì convinti di aver fornito, attraverso questa selezione, una panoramica ampia e minuziosa – quindi, soddisfacente - del vasto universo mysteriano. Una panoramica che include, oltre ovviamente a Martin e ai due co-protagonisti della saga (Diana e Java, per l'appunto), i personaggi più importanti (da Sergej Orloff all'ispettore Travis, da Mister Jinx a Chris Tower, dagli Uomini in Nero a Mister Mind, da Angie a Kunanjun ecc.), le tematiche ricorrenti (Atlantide e Mu, il mito di Re Artù ecc.), le tante creature fantastiche nelle quali il Detective dell'Impossibile si è imbattuto di volta in volta (vampiri, licantropi, automi, alieni ecc.), le numerose citazioni (letterarie, cinematografiche, fumettistiche ecc.) inserite da Castelli e dai suoi collaboratori.
A ciascuna delle cinquanta avventure selezionate abbiamo dedicato una scheda che comprende: un dettagliato riassunto della trama; l'analisi dei personaggi; l'analisi dei temi principali e, naturalmente, quella dei disegni. Il tutto corredato da un imponente apparato iconografico. Vi auguriamo pertanto buona lettura, scusandoci sin da ora per eventuali nostre distrazioni o imprecisioni. 


Martin Mystère n. 11, febbraio 1983. Disegno di Alessandrini



1. IL TESCHIO DEL DESTINO (I parte)

Soggetto e sceneggiatura
Alfredo Castelli

Disegni
Claudio Villa

192 tavole

Martin Mystère nn. 11-12
Febbraio-Marzo 1983


Martin Mystère n. 12, marzo 1983. Disegno di Alessandrini



Trama 

Guardando alcune diapositive, acquistate in un mercatino dell'usato, il Detective dell'Impossibile si accorge che su una di esse è visibile la scritta Socorro Martin Mystère (Aiuto Martin Mystère). Incuriosito da ciò, Martin decide d'indagare e riesce a scoprire che a scattare le foto sono stati due coniugi turisti, i Morgan, durante una recente vacanza in Messico. Sia i Morgan che il Nostro sono tenuti d'occhio da alcuni malavitosi messicani, uno dei quali narcotizza Diana – rimasta sola a casa Mystère – e ruba le diapositive, per poi distruggerle. Intenzionato a risolvere l'enigma, Martin si reca a Città del Messico assieme a Java e Diana. Grazie all'amico messicano Lopez, l'archeologo scopre che quella vista nella diapositiva non era in realtà una richiesta d'aiuto, bensì l'annuncio pubblicitario dell'edizione in lingua spagnola del suo libro SOS planet Earth: Socorro para el planeta Tierra por Martin Mystère. Nella foto scattata dai Morgan, il suddetto annuncio, scritto su un muro della capitale messicana, si vedeva solo parzialmente: ecco spiegato l'equivoco. Sempre grazie a Lopez, il Nostro viene a sapere che i malavitosi interessati alle diapositive (i quali continuano a tenerlo d'occhio) agiscono al servizio di Gutierrez, un temuto boss locale che si occupa, tra le altre cose, di contrabbando di reperti archeologici.

Il sinistro Teschio di cristallo conservato al Museum of Mankind di Londra

In visita al Museum of Mankind con il fidanzato Alfonso Vilar, la messicana Zulma Cifuentes non resiste all'arcano richiamo del Teschio di cristallo – MM 11, p. 7
 
Pochi mesi prima, Gutierrez ha trovato - nella piana di Teotihuacan, in una galleria sotterranea - un favoloso tesoro, dopodiché ha fatto uccidere il suo socio Alfonso Vilar. Sospettando che l'incontro tra Lopez e Martin non sia casuale, il boss ordina ai suoi uomini di eliminare il messicano (che in precedenza aveva lavorato per lui) e di rapire Diana. Martin e Java si gettano all'inseguimento dei rapitori e fanno irruzione nella casa del malavitoso, cadendo così nella sua trappola. Il destino ha voluto che, tra le diapositive dei Morgan, ve ne fosse una - scattata appunto nella piana di Teotihuacan - che ritraeva Gutierrez mentre usciva dalla galleria sotterranea con il tesoro. A condurre il boss sul posto è stata l'ex ragazza del già citato Vilar, la folle Zulma Cifuentes, che Gutierrez tiene reclusa in una stanza arredata come un tempio azteco. Il criminale messicano racconta a Martin che Zulma e Alfonso avevano visitato, durante una vacanza a Londra, il Museum of Mankind, che ha tra i suoi reperti più famosi un teschio di quarzo attribuito alla civiltà azteca. Dopo aver guardato a lungo il teschio, Zulma aveva tentato il suicidio e, benché salvata dai medici, essa aveva ormai perso la ragione: affermava infatti di essere lo spirito di Teotihuacan e parlava di un misterioso tesoro, quello trovato appunto da Gutierrez (il quale si era poi sbarazzato di Vilar perché questi minacciava di raccontare tutto alla polizia).

Il sinistro manufatto invia nella mente di Zulma antiche immagini di morte – MM 11, p. 9

Sconvolta dalla visione, Zulma tenta il suicidio – MM 11, p. 12


Poiché Martin è giunto in Messico dopo aver guardato le diapositive e ha anche visitato Teotihuacan, avvicinandosi per giunta al punto in cui si trova l'entrata della galleria segreta, il boss si è erroneamente convinto che il Nostro sia a conoscenza del tesoro e del suo ruolo nella vicenda. Martin dice a Gutierrez di non essersi nemmeno accorto della diapositiva che lo ritraeva, ma il malavitoso, per essere sicuro, gli fa somministrare – da un medico tedesco, Hans Kruger – il siero della verità. Il boss scopre così che l'archeologo non gli ha mentito; tuttavia, il Nostro sa ormai troppe cose e Gutierrez pensa quindi di eliminarlo, facendolo sacrificare da Zulma. Non ha però fatto i conti con Lopez (che lo stesso Martin credeva morto), il quale, dopo aver sorpreso i suoi scagnozzi, uccide Kruger e libera il Detective dell'Impossibile, che a sua volta libera Diana. Il giorno seguente, Martin, Java e Diana ritornano a New York; Zulma, invece, viene portata all'Ospedale Centrale di Città del Messico, ma non vi resta per molto: infatti, uccisi in modo brutale il medico che l'ha in cura e uno degli agenti di guardia, essa scappa - travestita da infermiera – e raggiunge la piana di Teotihuacan. Entrata nella galleria sotterranea, Zulma percorre un lungo cunicolo che conduce alla cella grande, una cripta dove, seduto su un trono, c'è uno scheletro di cristallo privo di testa. La ragazza percepisce nella sua mente una voce che la maledice perché essa non ha riportato ciò che lo scheletro attende da molto tempo: il teschio custodito nel Museum of Mankind. Qui, un'altra ragazza resta vittima del teschio e, come aveva fatto Zulma, tenta il suicidio per evitare un destino ancora più terribile. 

Accompagnato dal neanderthaliano Java, Martin Mystère rientra nel suo appartamento al n. 3 di Washington Mews – MM 11, p. 14

Diana, la bella fidanzata di Martin, non riesce a capire perché costui si riempia la casa di cianfrusaglie - MM 11, p. 21

 
I giochi del destino 1 

E' qui solo per una serie di combinazioni… talmente singolari da sembrare incredibili. Queste parole, che il professor Kruger dice a Gutierrez dopo aver somministrato il pentothal a Martin, riassumono perfettamente ciò che accade in quest'appassionante storia, la quale ha come vero protagonista il fato. A innescare la rocambolesca vicenda è quanto di più banale ci possa essere: un mucchio di diapositive (circa cinquemila) – costituite da semplici foto turistiche e foto di famiglia (quella dei Morgan, per l'appunto) - che Martin ha acquistato senza un motivo vero e proprio, ma solo perché spinto dalla sua insaziabile curiosità e dalla sua mania quasi patologica di collezionare gli oggetti più disparati. Qualunque oggetto, anche il più inutile, può stimolare un'idea, una riflessione…, dice il Nostro, per giustificarsi, alla fidanzata Diana, senza sospettare quanto gli accadrà di lì a poco. La cosa buffa è che, tra le due diapositive al centro dell'avventura, l'unica davvero importante (quella che ritrae appunto Gutierrez mentre esce dal passaggio segreto), viene vista per prima da Martin e Java, ma nessuno dei due vi fa caso. D'altra parte, siamo certi che, tra gli stessi lettori, ben pochi avranno notato il suddetto particolare; la maggior parte di essi avrà invece creduto, al pari dei protagonisti, che la diapositiva raffigurante l'innocente scritta Socorro Martin Mystère celasse chissà quale enigma.

Martin mostra a Diana le diapositive del destino – MM 11, p. 22

Scorrendo le diapositive assieme a Java, Martin nota, sbalordito, la scritta Socorro Martin Mystère (Aiuto Martin Mystère) - MM 11, p. 40


In realtà, ci troviamo di fronte a un classico esempio di MacGuffin hitchcockiano, cioè a un abile espediente con il quale Castelli mette in moto la vera storia, che, come sappiamo, non ha nulla a che vedere con la scritta in questione. Per ironia della sorte (è proprio il caso di dirlo), Martin parte per Città del Messico proprio grazie al denaro dei diritti d'autore per l'America Latina del suo S.O.S. Pianeta Terra, che – come dice lui stesso, dopo aver aperto la busta con l'assegno – in Messico ha venduto particolarmente bene.


I giochi del destino 2 

Oltre che con Martin, il fato si diverte a giocare anche con Gutierrez, il quale non solo ha la sfortuna di sbucare dal passaggio segreto nel momento sbagliato, ma - ingannato dalle incredibili coincidenze che hanno portato in Messico il Detective dell'Impossibile e mosso da un'eccessiva prudenza - finisce per rovinarsi con le proprie mani. La decisione di rapire Diana per far cadere in trappola Martin e costringere questi a rivelare ciò che sa (ma il Nostro non sa appunto nulla), è il suo errore più grande, quello fatale.

Lopez mostra a Martin che la scritta da lui interpretata come una richiesta d'aiuto è in realtà il titolo in spagnolo del suo libro S.O.S. Pianeta Terra. Come si legge nella posta di Tutto Martin Mystère n. 12, nella suddetta scritta c'è comunque un errore: la forma corretta, infatti, non è "Liga usted" bensì "Lea usted" - MM 12, p. 15

Un boss sfortunato: il destino ha voluto che Gutierrez uscisse dalla cripta di Teotihuacan proprio mentre gli ignari coniugi Morgan scattavano una foto - MM 12, p. 39
 
L'esatta sorte di Gutierrez non ci è nota, ma è probabile che venga arrestato, assieme ai suoi uomini, dalle autorità messicane grazie alla testimonianza di Martin, Java e Diana, nonché dello stesso Lopez. Sempre a proposito di giochi del destino, uno degli aspetti più curiosi della storia è che, alla fine, né i Nostri né il boss messicano verranno a conoscenza del terribile segreto nascosto da secoli nella Cella Grande, la cripta collocata sotto la Piramide del Sole, a Teotihuacan.


La citta mysteriosa 

Il complesso di Teotihuacan rappresenta uno dei più affascinanti enigmi dell'archeologia precolombiana. Come scrive lo stesso Castelli ne L'Enciclopedia dei Misteri (Arnoldo Mondadori Editore, 1993), per molto tempo Teotihuacan fu ritenuta opera degli Aztechi: azteco è infatti il suo nome (significa "Il posto di quelli che conoscono la via degli Dèi") e azteche sono le denominazioni dei suoi principali monumenti. Solo dopo studi recenti si è appreso che gli Aztechi l'avevano trovata già bell'e pronta, abbandonata da almeno due secoli e vi si erano insediati. I suoi veri costruttori sono ancora sconosciuti: si trattava di un popolo dotato di notevoli conoscenze architettoniche (l'edificazione della piramide del Sole impiegò almeno tremila uomini per trent'anni), astronomiche (l'asse della piramide è orientato esattamente lungo il percorso del Sole) e di una scrittura a tutt'oggi non decifrata.

Gutierrez racconta a Martin come è riuscito a scoprire, grazie a Zulma, il favoloso tesoro nascosto nel sottosuolo di Teotihuacan - MM 12, p. 70

Il rapimento di Diana è un errore che costerà molto caro a Gutierrez – MM 12, p. 63
 
Dopo aver abitato per molti secoli nel pianoro e avere realizzato il colossale complesso verso il VI secolo d.C., per ragioni ignote (un'invasione? Una pestilenza? Una carestia?) i "Teotihuacani" se ne andarono abbandonandolo quasi intatto.
La misteriosa città messicana – che all'epoca del suo massimo splendore doveva contare ben duecentomila abitanti - continua a riservare sorprese. Come riporta infatti un articolo pubblicato sul sito Focus.it nel maggio 2015, grandi quantità di mercurio liquido sono state rinvenute all'estremità di un tunnel sotterraneo, nel cuore delle rovine precolombiane di Teotihuacan […]. È quanto annunciato la scorsa settimana dal ricercatore e archeologo messicano Sergio Gómez, che ha lavorato agli scavi del tunnel negli ultimi 6 anni. Il condotto sotterraneo è stato riaperto nel 2003, dopo 1.800 anni dalla sua costruzione. Gómez e colleghi hanno scoperto la presenza di tre camere sotterranee alla sua estremità più remota, insieme a un tesoro di decine di migliaia di oggetti artigianali come sculture in pietra, gioielli, conchiglie giganti e palle di gomma. Gli archeologi si sono detti "sorpresi" per la scoperta. Nessuno può sapere di preciso come e per quale motivo il mercurio sia finito lì, ma l'ipotesi è che potesse simboleggiare, con i suoi riflessi argentei e brillanti, un lago o un fiume infernale al pari dello Stige, ed essere considerato una sorta di via di accesso privilegiata per l'Aldilà. Difficile da estrarre, tossico e costoso, il metallo è già stato trovato in diversi siti Maya più a sud, e potrebbe aver avuto una valenza sacra per le civiltà precolombiane. La scia di mercurio potrebbe condurre gli archeologi sulle tracce dei resti di un sovrano, e aiutare a far luce sul misterioso governo di Teotihuacan […].

L'imponente Piramide del Sole di Teotihuacan

Sacrificio umano azteco raffigurato all'interno del Codice Magliabechiano (1550 – Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze)


L'enigma dei teschi 

Se l'origine di Teotihuacan costituisce un autentico mistero archeologico, quello del Teschio di cristallo è invece un caso assai più controverso. In realtà, sarebbe più corretto parlare di teschi di cristallo, giacché il teschio conservato nel Museum of Mankind, che nella storia fa impazzire la povera Zulma Cifuentes, non è l'unico manufatto di questo genere esistente al mondo. Ve ne sono infatti altri dodici, tra i quali il più celebre è senza dubbio lo Skull of Doom, il Teschio del Destino, appartenuto ad Anna Mitchell-Hedges (1907-2007), figlia adottiva dell'esploratore e scrittore inglese Frederick Albert Mike Mitchell-Hedges (1882-1959). Come si legge nella summenzionata Enciclopedia dei Misteri, quest'oggetto - venuto alla luce nel 1927 a Lubantuun, nell'attuale Belize (all'epoca Honduras Britannico) – avrebbe, secondo Mitchell-Hedges padre, tremilaseicento anni e sarebbe stato utilizzato dai Grandi Sacerdoti Maya per celebrare particolari riti magici. Ma l'origine "ufficiale" del popolo Maya – scrive Castelliè stimata intorno al 290 d.C. (anche se alcuni archeologi ritengono che sia molto precedente) e questa affermazione è dunque ritenuta improbabile. Gli esperti del British Museum fanno risalire il teschio alla civiltà azteca, datandone l'origine (con moltissimi dubbi) intorno al 1300-1400 dopo Cristo.

Martin, Diana e Java visitano le rovine della misteriosa città precolombiana – MM 12, p. 32

Lo scopritore del Teschio del Destino (gemello del teschio conservato al Museum of Mankind): l'esploratore inglese Frederick Albert Mike Mitchell-Hedges (1882-1959)


Ma cosa ci faceva un manufatto azteco in una città Maya dislocata molte centinaia di chilometri più a sud? Non si sa neppure con quali strumenti il teschio fu costruito: è stata rilevata soltanto la probabile traccia di un acuminato scalpello. In tal caso, per costruirlo, sarebbero stati necessari almeno centocinquant'anni di lavoro ininterrotto. A complicare questo già complicato mistero, esposto al Museum of Mankind di Barrington Gardens, a Londra, si trova un teschio "gemello", identico a quello di cui abbiamo parlato fino ad ora salvo che per un particolare. Il teschio dei Mitchell-Hedges, infatti, ha la mascella articolata, come in un cranio vero; quello esposto al museo ha la mascella fissa. I ricercatori sono concordi nell'affermare che i due oggetti sono stati fabbricati dalle stesse "mani": il cranio di Londra potrebbe dunque fornire qui lumi sulla loro comune origine che la caparbia signora Mitchell-Hedges si ostina a negare. "Potrebbe"; solo che anche di questo secondo, prezioso oggetto si conosce poco o nulla. Il Museum of Mankind (che, come si legge nella storia, è una "dependance" del British Museum, nda) lo acquistò da Tiffany's, il celebre gioielliere di New York, nel 1898, per la somma di centoventi sterline. I dirigenti di Tiffany's non furono in grado (o non vollero) dare spiegazioni sulla sua provenienza. Corse voce che facesse parte del bottino ammassato in Messico da uno sconosciuto mercenario in un'epoca imprecisa.

Un'anziana Anna Mitchell-Hedges (1907-2007) posa accanto al Teschio del Destino

L'altro teschio di cristallo conservato alla Smithsonian Institution di Washington


Un mistero risolto 

A distanza di oltre vent'anni dalla pubblicazione della sopracitata enciclopedia, il mistero dei teschi di cristallo pare non essere più tale. Alcune recenti scoperte, infatti, hanno messo seriamente in dubbio l'autenticità di questi manufatti. In un articolo pubblicato sul quarto numero di Query (Inverno 2010), la rivista ufficiale del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale), l'ingegnere meccanico Andrea Ferrero scrive che il teschio dei Mitchell-Hedges è molto probabilmente di fattura ottocentesca e tutta la storia dei Maya è un’invenzione dello scrittore inglese. […] Qual è la “pistola fumante” che può permetterci di scegliere tra l’ipotesi di un antico manufatto Maya e quella di un oggetto moderno? Il quarzo è un minerale duro e abbastanza fragile, piuttosto difficile da lavorare anche con le attrezzature di oggi: un artigiano che alla fine dell’Ottocento avesse voluto scolpire un oggetto complesso come un teschio non si sarebbe complicato la vita con strumenti primitivi, ma avrebbe usato attrezzature moderne, che lasciano segni differenti. Questa è stata l’idea dell’antropologa statunitense Jane MacLaren Walsh. La levigatura a mano lascia tracce irregolari e ondulate, come quelle presenti sulle statue precolombiane. Al contrario, l’uso di strumenti moderni come le mole rotative diamantate lascia segni ordinati e paralleli, perché gli abrasivi hanno grana omogenea e durezza elevata.

Locandina del film Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo (Steven Spielberg, 2008). Al pari del teschio che fa impazzire Zulma, anche quello al centro di questo quarto episodio della saga di Indiana Jones – il Teschio di cristallo di Akator (un'immaginaria città sotterranea del Perù) - possiede terribili poteri

La folle Zulma nelle vesti di sacerdotessa azteca – MM 12, p. 65

Nel 2008 l’antropologa ha potuto finalmente esaminare il teschio e ha fatto alcuni calchi in silicone nelle zone meno accessibili del teschio, dove è difficile ottenere una levigatura perfetta ed è più probabile trovare tracce degli strumenti usati. Le fotografie al microscopio dei calchi mostrano tracce parallele e regolari, chiari indizi dell’uso di strumenti rotativi. Ecco la pistola fumante: il Teschio del Destino è un oggetto moderno e molto probabilmente di origine europea, così come altri due famosi teschi di cristallo custoditi al British Museum (quello appunto del Museum of Mankind, che, secondo uno studioso gallese - il professor Ian Freestone – è stato fabbricato con un tipo di mola comunemente usata dai gioiellieri europei dell'Ottocento, nda) e alla Smithsonian Institution di Washington.


Sinistre leggende 

Se dunque il Teschio di cristallo e lo Skull of Doom sono falsi manufatti precolombiani, cosa dire dei tenebrosi racconti che circolano intorno a essi?
C'è chi afferma di aver visto paurose immagini materializzarsi all'interno dei teschi; - scrive sempre Castelli nell'Enciclopedia dei Misteri - chi assicura di averli sentiti gridare; chi ha perso la ragione "dopo aver fissato le loro orbite ipnotiche e vuote"


Posseduta dallo Spirito di Teotihuacan, Zulma pugnala brutalmente il medico che l'ha in cura - MM 12, p. 87

Zulma uccide una delle guardie e fugge dall'ospedale - MM 12, p. 88


Mitchell-Hedges asserì che, quando il teschio venne ritrovato, i lavoranti indigeni s'inchinarono ad adorarlo, e spiegarono che esso era un loro dio, e poteva indifferentemente guarire da ogni male e causare una morte spaventosa. Verità o leggenda? Suggestioni originate dal macabro aspetto delle sculture e dal mistero che circonda le loro origini? Oppure i teschi fanno davvero parte degli "oggetti maledetti" di cui pullulano le cronache di storia "minore" del mondo? Nello stesso paragrafo dell'Enciclopedia, il papà di Martin Mystère fa la seguente precisazione: Doom è una parola inglese che viene comunemente tradotta con "destino", ma in un'accezione malvagia, negativa, sinistra.
In realtà, nessuno dei due teschi merita questa oscura fama. Quello esposto al Museum of Mankind, infatti, non ha certo portato sfortuna a quest'ultimo, anzi: ha attirato e continua ad attirare molti visitatori, facendo affluire nelle casse del museo londinese un bel po' di denaro. Lo stesso discorso vale per il Teschio del Destino: Mitchell-Hedges padre morì - ricco e famoso – per un banale infarto all'età di settantasette anni; mentre sua figlia Anna è stata ancora più longeva, visto che quando è deceduta aveva già compiuto cento anni. Un destino, il loro, ben poco sinistro. Ad ogni modo, una cosa è innegabile: il tenebroso alone di mistero che, malgrado tutto, ancora circonda il Teschio di cristallo è stato sfruttato in maniera assai efficace da Castelli. Basti pensare alla sequenza iniziale della storia e all'inquietante figura di Zulma Cifuentes, vittima e carnefice allo stesso tempo. 

Travestita da infermiera, Zulma raggiunge la Cella Grande di Teotihuacan - MM 12, p. 96

Lo scheletro di cristallo reclama il suo teschio - MM 12, p. 97


Davvero memorabile la sequenza della sua fuga dall'ospedale, preceduta dal cruento omicidio del dottore e di una delle guardie; come pure la scena in cui essa, travestita da infermiera, giunge nella Cella Grande, dinanzi allo scheletro di cristallo, il quale non le riserva affatto una buona accoglienza. "Maledetta! Maledetta! Non hai capito! Dovevi riportarlo! Riportarlo! – dice a Zulma la voce che risuona nella sua mente – Ora dovrò cominciare tutto da capo e attendere… attendere… attendere il mio teschio!". La sequenza successiva, che chiude l'episodio e vede ripetersi quanto accaduto a Zulma all'inizio (stavolta però non sappiamo se la nuova vittima del teschio sopravviverà al salto dalla finestra) si fa anch'essa ricordare, sebbene, al pari di quella iniziale, contenga un errore: il Museum of Mankind, infatti, non ha finestre, per non danneggiare – scrive Castelli nella posta di Tutto Martin Mystère n. 12 (aprile 1990) – con luce o umidità i preziosi oggetti che contiene. Il suddetto errore, che è in fondo poco grave e non incrina assolutamente l'efficacia delle scene in questione, è stato corretto nella succitata ristampa, dove vediamo Zulma e l'altra ragazza gettarsi non più dall'inesistente finestra, ma da una rampa di scale. Al pari della sorte delle due sventurate donne, il BVZA non ha ancora svelato ai lettori mysteriani l'enigma dello scheletro di cristallo.

Il Teschio di cristallo fa un'altra vittima - MM 12, p. 98

La versione corretta del tentato suicidio di Zulma: al posto della finestra, la ragazza viene fatta precipitare da una rampa di scale - Tutto MM 11, p. 12

La versione corretta dell'epilogo: anche in questo caso, la finestra è stata sostituita dalle scale - Tutto MM 12, p. 98


Tuttavia, nelle parte introduttiva di Martin Mystère Gigante n. 12 (Le dieci piaghe, marzo 2007), intitolata Storia di storie in attesa di un finale, lo stesso Castelli, rivolgendosi ai lettori, ha scritto a tal proposito: Cos'era il corpo di cristallo a cui apparteneva il "Teschio del destino"? Ebbene, abbiamo tenuto questo interrogativo per ultimo in quanto saprete presto la risposta nella prima di molte storie che dedicheremo alla ricerca dei "finali perduti". La storia di cui parla Castelli non è ancora stata pubblicata, ma è probabile che il soggetto sia già pronto, ragion per cui bisogna solo attendere… attendere… attendere…


Massimo Capalbo

N.B. Trovate tutti i link alle puntate di The Best of Martin Mystère su Cronologie & Index! 

sabato 27 febbraio 2016

EFFETTO 1500!

Luciano Costarelli, disegnatore delle storie di fantascienza sceneggiate da Francesco Manetti, ha voluto festeggiare i primi 1500 contatti dell'avventura Effetto Collaterale con questa straordinaria illustrazione inedita a colori! Anche se Blogger dovrà fare alcuni aggiustamenti e scremature prima di ufficializzare il "quorum"  (e magari farci entrare nella Top Ten) ci sembra comunque un buon risultato! (f.m.)


N.B. Trovate tutti i link alle storie di Costarelli & Manetti su Cronologie & Index!

WHAT IF (XIII): KEEP CALM AND #PETALOSO!

di Filippo Pieri

Sul blog Tauraggini troviamo una parodia del n. 355 di Dylan Dog del marzo 2016, legata al tormentone #petaloso. A proposito di tormentoni, su Pinterest troviamo un adattamento del famoso Keep calm and... all'Indagatore dell'Incubo. Sempre su Pinterest troviamo un What if, se Zagor fosse donna: il risultato non è male!


La vera copertina di Dylan Dog n. 355...

...e la petalosa parodia di Tauro!
 

Uno Zagor al femminile!


Rimanendo in tema Spirito con la Scure, troviamo un tread sul Tex Willer Forum dove si parla di un albetto speciale "Bird", distribuito gratuitamente dell'associazione culturale Kassandra '95 ai visitatori della Comiconvention tenutasi il 7 e 8 Maggio 2011 presso il centro congressi dell'Ata Hotel Executive a Milano. L'albetto di 32 pagine contiene 17 tavole realizzate dal disegnatore Antonio Montanaro intitolate Ma che fine ha fatto l'uccello di Zagor ?. Chiaramente NON è autorizzato dalla SBE (e non potrebbe essere altrimenti!). Infine, sul blog Trieste Patoca  si parla del Detective dell'Impenetrabile, parodia del famoso investigatore creato da Alfredo Castelli.
 
Il mistero della scomparsa dell'uccello di Zagor (quello sulla casacca?)...

...e il mistero di Diana insonne!


Filippo Pieri

N.B. trovate i link agli altri What If... in Interviste & News!

giovedì 25 febbraio 2016

UN UOMO, IL SUO FAMOSO COLTELLACCIO E IL VERO MASSACRO DI SAN ANTONIO DE VALERO! LA STORIA DEL WEST by WILSON VIEIRA (XXXII PARTE). 750° POST DI DIME WEB!

di Wilson Vieira

Un uomo, un'arma, un nome: James Bowie! Passato alla storia per un coltello e per Alamo... Giunti alla 32esima parte della nostra Storia della Frontiera, Wilson Vieira ci racconta le gesta di questo vero e proprio mito del Far West, fra verità e leggenda! Vi ricordiamo che tutte le immagini non bonelliane sono state scelte e inserite nel testo da Wilson stesso. Buona lettura! (s.c. & f.m.)





James (detto “Jim”) Bowie, nato nel 1796 nel Kentucky, si trasferì nel 1800 con i suoi genitori a Catahoula, Louisian,a dove da bambino uccise degli alligatori col coltello.  Nel 1818 con suo fratello Rezin (1793 – 1841) lascia la casa dei genitori va a Galveston, Texas, dove compera per $ 2 dollari al chilo degli schiavi Negri dal pirata Jean Lafitte (1773 – 1823), nella sua isola-fortezza nella San Louis Island. 






Nel giro di tre anni i fratelli guadagnavano 65.000 dollari con la tratta degli schiavi. In seguito Bowie si specializzò nella compravendita dei terreni, e con ciò guadagnò in due anni più di 100.000 dollari. Nello stesso tempo i fratelli Bowie costruivano in Louisiana il primo mulino per canne da zucchero funzionante a vapore e vendettero le loro parti nel 1827 per 90.000 dollari, quando la Alexandria Bank tolse loro il credito perché avevano debiti per più di 14.000.000 di dollari. Quando Jim Bowie insultò in pubblico il direttore della banca, il maggiore Norris Wright, quest’uomo del Sud estrasse sdegnato la pistola e fece entrare col suo colpo un bottone d’argento della giacca nel ventre del truffatore. Al medico, che medicava la ferita non grave, Bowie assicurava furibondo: Se avessi solo avuto un coltello avrei macellato questo vecchio caprone come un tacchino per Natale. Il 19 settembre 1827 due duellanti, Sam Wells e Tom Maddos, pregavano Jim Bowie e Norris Wright di fare loro da padrini. Si scambiarono i colpi senza che nessuno dei due fosse ferito. 

Martin Mystère n. 303, giugno 2009. Disegno di Alessandrini






Si stavano avvicinando per darsi la mano, quando improvvisamente si accese la sfida tra i due padrini: il colonnello Bob Crain, un amico del direttore della banca, sparò a Jim Bowie e lo colpì al fianco. Il generale Sam Cuny, amico di Bowie, colpì Crain al braccio. Questi tirò fuori una seconda pistola e colpì il generale al cuore. Quando Bowie si buttò su Crain col suo coltello, questi gli sfuggì. Però Bowie raggiunse il suo creditore Wright e lo uccise con un fendente alla gola. Un secondo amico dell’ucciso, Al Blanchard, colpiva con un proiettile della sua pistola Bowie al braccio sinistro e ciò scatenò Bowie, che con una coltellata tremenda tagliò al suo feritore la parte superiore del braccio fino all’osso. Dalla riva del Mississipi della città di Natchez un terrorizzato gruppo di persone vedeva come il ferito grave Jim Bowie inseguisse col coltello sfoderato l’urlante Blanchard sul banco di sabbia Vidalia. Dopo 6 mesi Jim Bowie, ormai guarito, si metteva sulla strada per il Texas, dove si stabiliva come sensale di terre. 






Il 22 aprile 1831 sposava a San Antonio di Bexar la Castigliana Lady Maria Ursula (1811 – 1833), figlia di Don Juan Martin de Veramendi (1778 – 1833), vicegovernatore di Coahuila e del Texas, figlioccia del generale e presidente Messicano Antonio Lopez de Santa Anna (1794 – 1876), e incassava una dote di 15.000 dollari in oro e 222.800 dollari in beni immobiliari. Sua moglie ebbe due bambini e morì con questi di colera durante una visita ai genitori a Monclova. Quando nell’ottobre del 1835 incominciò la Guerra d’Indipendenza del Texas contro il Messico, Bowie già malato di tuberculosi combatteva al fianco di 92 volontari sotto la guida del colonello James W. Fannin (1804 -1836) contro 400 franchi tiratori messicani, di cui 200 vennero uccisi. Quando altri franchi tiratori messicani minacciarono San Antonio, Bowie, nel frattempo diventato colonello, li attaccò e li respinse oltre il confine. Negli ultimi giorni di febbraio del 1836 il Presidente messicano in persona, con 6.000 soldati regolari guidò una spedizione ad Alamo.







Per 5 ore 6.000 soldati lottarono dalle ore 4 del mattino fino alle ore 9 contro i 182 difensori. Caddero 1544 soldati e 2367 furono più o meno gravemente feriti: Davy Crockett (1786 – 1836), ultimo difensore di Alamo, in mezzo a 16 Messicani uccisi; fra loro William Barret Travis (1809 – 1836). I nemici fortemente decimati trovarono Jim Bowie in fin di vita e paralizzato da un lato per la caduta da un’impalcatura, in mezzo a 22 soldati morti, uccisi col coltello Bowie; la sua salma e il famosissimo coltello de El Diablo Americano furono bruciati su un rogo. Solo 5 donne, qualche bambino e 2 schiavi negri lasciavano vivi Alamo. Degli uomini che difendevano Alamo, 29 provenivano dal Tennessee, 17 dall’Inghilterra, 13 dalla Virginia, 11 dall’Irlanda, 9 dal Kentucky, 8 dalla Scozia, 8 dal Carolina del Sud, 7 dal Missouri, 7 dalla Giorgia, 7 da New York, 6 dalla Bavaria, 6 dalla Pennsylvania, 5 dalla Prussia, 5 dal Maryland, 5 dalla Louisiana, 4 dal Carolina del Nord, 4 dall’Ohio, 4 dal Mississipi, 3 dall’Arkansas, 2 dal Galles, 2 dalla Francia, 2 dall’Alabama, 2 dal New Jersey, 2 dal Massachusetts, 2 dal Connectucut, 1 dalla Dinamarca, 1 dal New Hampshire e 1 dal Maine.

Tex n. 138, aprile 1972. Disegno di Galep


L’epopea di Alamo era finita. Essa non può essere commentata che non con parole di una ballata popolare che la gente del Texas canta ancora: Alle Termopili ebbe salva la vita un uomo, ad Alamo nessuno. Ma il sacrificio non era stato inutile; nel frattempo il generale texano Sam Houston (1793 – 1863) aveva organizzato un esercito che sconfisse Santa Anna a San Jacinto. 



 


Francescani spagnoli costruirono nel 1724 Alamo, come Missione San Antonio de Valero. Alamo è una parola spagnola che indicava tutte le spezie che derivavano dagli alberi della famiglia del salice (latino: Salicaceae; Inglese: Willow Family), che erano diffusi nel Sud-Ovest degli USA sotto il nome popolare di Cottonwoods. La Missione San Antonio de Valero era circondata da questi alberi, molto caratteristici, che oltre a uma piacevole ombra, servivano come indicazione ai viandanti che si recavano ala Missione. Ancora per tanti anni dopo la sua morte la sua famiglia ebbe difficoltà a pagare i debiti di Jim Bowie in interminabili processi. 

Storia del West n. 5






L’originale coltello Bowie da combattimento a lama pesante, era di 14 pollici (35 cm) di lunghezza e di 2 pollici (5 cm) di larghezza e con un dorso da taglio che misurava 6 cm alla punta, pesante um chilo, con un’elsa di ottone lunga 7,6 cm. Nel dicembre del 1830 James (“Jim”) Bowie ordinava il prototipo di questo coltello con un modello di legno all’armaiolo James Black di Hempstead, Arkansas.





Dopo 4 settimane l’originale, di un acciaio speciale, indurito secondo un metodo complicato per più di 3 settimane, era pronto. Per dimostrazione il famoso armaiolo tagliava per un’ora un blocco di legno Hickory secco in due pezzi, per farsi dopo la stessa barba con questa lama. Mentre ritornava dalla visita a Black attraverso il vecchio Sudwest-Trail verso il Texas, tre uomini del bandito “Blood Jack” Sturdivant tendevano a Bowie un’imboscata. Dopo 30 secondi i banditi erano stesi morti per terra, uno col cuore trafitto, l’altro con la gola tagliata, il terzo con la testa spaccata in due. Questa lotta spettacolare e qualche altra avventura con simili risultati, diedero non solo la gloria all’uomo. Ma anche al suo grande e speciale coltello. Incominciava un’era della lotta onorevole del coltello Bowie negli Stati Occidentali degli USA che dava il cambio alla moda dei duelli alla pistola. 





Da quel momento in poi le dispute d’onore fra i gentlemen erano fatte col coltello Bowie, di cui l’industria Inglese di acciai Sheffield esportava dal 1831 in poi molte migliaia di pezzi negli USA. Per il cowboy il coltello Bowie era un arnese immancabile; egli lo usava per macellare e per mangiare, per tagliare gli alberi e per cercare acqua nei fiumi asciutti, per tagliare zoccoli e corna, per farsi la barba e per piantare gli staccati, per tagliare le suole, come spiedo e come arma contro lupi, puma e Indiani. Le dispute d’onore il Cowboy non risolveva mai con i pugni o col colltello, ma sempre solo con revolver. 






Wilson Vieira

N.B. Trovate i link alle altre puntate della Storia del West su Cronologie & Index!