domenica 17 agosto 2014

LE GUERRE INDIANE (1a parte). "ADOBE WALLS": LE MURA DI FANGO, PIOMBO E SANGUE! LA STORIA DEL WEST by WILSON VIEIRA (XV PARTE)

di Wilson Vieira

Passato il Ferragosto pubblichiamo la quindicesima parte dell'intrigante Storia del West che il nostro amico e collaboratore, il fumettista brasiliano Wilson Vieira, sta realizzando appositamente per Dime Web! Immergetevi dunque nel vivo delle Guerre Indiane!
Ricordiamo che la scelta e la collacozione delle illustrazioni non bonelliane sono dello stesso Wilson; DW ha aggiunto alcune cover di riferimento pubblicate dalla SBE. (s.c. & f.m.)


 

Dopo la Guerra di Secessione - quando il Sud è intento alla ricostruzione e il Nord ad adattare la propria economia alle crescenti esigenze dell’industria - nuovi, importanti cambiamenti si verificano in quella immensa distesa di terra a Ovest del Missouri. Le ferrovie vi conducono migliaia e migliaia di emigranti; le mandrie di bisonti sono spazzate via in pochi anni; gli allevatori di bovini invadono i grandi pascoli; i fiumi vengono intorbiditi dai minatori; si fa più massiccio lo sfruttamento delle foreste.

Gli Indiani, secondo il censiamento del 1865, sono 249.574: i Sioux, i Piedi Neri e i Crow delle pianure settentrionali; i Cheyenne e i Kiowa delle regioni centrali; i Comanche e gli Apache del Sud. Oltre a queste, vi sono miriadi di tribù minori. Gli Indiani vivono delle grandi mandrie di bisonti che forniscono loro ogni cosa, dal cibo al combustibile; vagano per pianure e montagne quasi deserte, seguendo le piste che da secoli i loro padri hanno tracciato. 

Tex n. 645, luglio 2014. Disegno di Villa

Lo scontro tra le due Civiltà - quella degli Indiani e quella dei Bianchi - è inevitabile e provoca vere e proprie sanguinosissime guerre. La lotta fra gli Indiani, che difendono la loro liberà e le loro terre, e i Bianchi, i quali tropo spesso non rispettano i trattati, si protrarrà per parecchi anni. Le Guerre Indiane furono molte e sanguinose. Prima della venuta dei Visi Pallidi le tribú combattevano fra di loro, a volte con grande ferocia, e l’arrivo dei Bianchi non fece che animare ulteriormente l’ardore dei guerrieri Pellirosse. Gli Indiani, in generale pacificamente ben disposti nei confronti dei nuovi venuti, si videro molte volte obbligati a prendere le armi per difendere la loro vita e i loro beni. Bisogna riconoscere che in molte occasioni i Bianchi si sono comportati in modo tutt’altro che giusto: trattati non rispettati, promesse dimenticate, ufficiali che - volendo fare i gradassi - scatenavano massacri, civili che - per allargare i propri terreni - uccidevano un malcapitato Indiano con tutta la sua famiglia... E ancora, vi furono guerre di sterminio - veri propri genocidi - a volte ordinati dai politici di Washington che, per accaparrarsi le loro vaste tenute, facevano rinchiudere gli Indiani, come fossero bestie, in Riserve ingrate.




Nel 1875 il tenente di Cavalleria Richard Henry Pratt (1840 – 1929) riesce a comprendere veramente gli Indiani. Dovendo accompagnare un gruppo di prigionieri pellerossa, e commosso al pensiero che un tempo essi cavalcavano liberi per le praterie, toglie loro le catene. E' quanto basta perchè gli Indiani lo rispettino e in seguito gli chiedano addirittura: Insegnaci che cosa dobbiamo fare per guadagnarci da vivere come fanno gli Uomini Bianchi, insegnaci a lavorare la terra. Pratt, con l’aiuto della moglie, raccoglie fondi e riesce ad aprire la prima scuola Indiana, a Carlisle. In breve le richieste sono superiori al numero di posti disponibili. 






Il 5 ottobre 1877 Capo Joseph (1840 – 1904) si recò a Washington e disse al Grande Padre, il Presidente Rutherford Birchard Hayes (1822 – 1893): Io ho sentito parole e parole, ma nulla è stato fatto per noi. Le parole non pagano per il mio popolo morto. Non pagano per il mio Paese ora invaso dai Bianchi. Non proteggono la tomba di mio padre. Le buone parole non mi restituiscono i figli. Io ho chiesto ad alcuni capi Bianchi dove mai essi prendano l’autorità di dire a noi Indiani che dobbiamo stare in un posto solo, mentre noi vediamo che essi vanno dove vogliano. Non me lo sanno dire. Chiediamo solo che ci sia data la possibilità di vivere come i Bianchi. Di essere considerati Uomini.

Joseph fu un grande capo dei Nez Percé, aveva un aspetto gradevole e possedeva una certa istruzione. Si rivelò oratore abile e saggio, e molti Bianchi lo stimarono. Figlio di un Indiano Cayuse e di una Nez Percé, fu chiamato Joseph dal missionario che fu anche suo maestro. Il suo nome Indiano era Hinmaton-Yalakit che significava "Tuono Che Viene Dalle Acque Aldilà Delle Terre". La sua tribù, amica dei Bianchi, fu, col trattato del 1863, spogliata di tutti i beni che possedeva nella Wallowa Valley, e gli Indiani, obbligati a vivere in una Riserva, si rifugiarono nel White Bird Canyon, vicino al fiume Salmon, nell’Idaho. Il 6 giugno 1877, Chief Joseph fu sconfitto dalle truppe americane; riuscí però a fuggire con la maggior parte dei suoi uomini. Egli li condusse allora in Canada e per due mesi tenne testa a molte centinaia di soldati, su un percorso di 2000 miglia. Infine, il 5 ottobre 1877, a meno di una giornata di distanza dalla frontiera canadese, si arrese sulla Bear Paw Mountain, nel Montana. Capo Joseph fu deportato in Oklahoma, dove ottene l’autorizzazione di recarsi, con I compagni rimastigli fedeli, nella Riserva di Colville, nello Stato di Washington. Qui egli morí, il 21 settembre 1904, nella sua casa di Nespelem.




Thomas J. Morgan, Commissario per gli Affari Indiani, funzionario più illuminato di parecchi suoi predecessori, in una relazione del 1891 dice tra l’altro: Vi sono certe cose che il popolo degli Stati Uniti deve ricordare. Il nostro Paese negli ultimi cent’anni ha speso enormi somme di denaro nelle Guerre Indiane. Molte vite umane sono andate perdute, tropo Indiani sono stati uccisi. La prova che la Nazione ha dato di sé in questi sanguinosi conflitti non è tale da rendersi orgogliosi. Nel valutare le difficoltà del problema dobbiamo ricordare che l’elemento che ci lascia più perplessi non è l’Indiano, ma l’Uomo Bianco. Quest’ultimo fornisce agli Indiani armi, munizioni e whiskey, invade le loro Riserve, li deruba, viola la santità della loro casa e li tratta con disprezzo, suscitando nel loro cuore quei sentimenti di disonore, di umanità ferita che lo spingono a vendicare il proprio onore e i torti subiti. Cerchiamo di essere leali con l’Indiano; proteggiamolo nei suoi Diritti alla Vita e alla sua Libertà. Diamogli il benvenuto, con i privilegi che spettano all’Americano Libero.

Secondo i censimenti, dal 1865 al 1900 la popolazione indiana è diminuita di 60.000 unità. Durante la Conquista dell’Ovest gli scontri furono numerosi; battaglie accanite e piccole scaramucce si succedettero sensa tregua dal 1675 fino all’ultimo conflito che ebbe luogo nel 1915. Nel 28 dicembre 1890, a Wounded Knee, un vecchio capo si rivolge agli Indiani superstiti: Figli miei, I nostri sentieri sono tutti cancellati. Oggi io vi chiamo a seguire una nuova pista, l’unica pista ora aperta per noi: la strada dell’Uomo Bianco.

Di questi 1240 conflitti, noi ci accontentaremo di ricordare i piú noti e caratteristici. 





Il più illustre capo dei Apache Kiowa fu Satanta (1830 – 1878), che divenne famoso nel 1865. Era noto come l’Oratore delle Pianure. Nel maggio del 1869 il generale Mackenzie intraprese la pacificazione di questa tribù "brigantesca" dei Kiowa - e Satanta, Big Tree e Satank furono fatti prigionieri. Prima del processo davanti al Tribunale Militare, Satank cercò di fuggire e fu ucciso. Gli altri due capi furono condannati prima a morire, poi all’ergastolo e infine furono liberati nel 1873. Tante sono le storie che si raccontano di quel furbo capo Kiowa, che era Satanta, come per esempio la seguente.
Al Cow Creek, in pieno territorio Kiowa, viveva il rancher Peacock. Vendeva del whiskey agli Indiani ed essi lo lasciavano in pace. Un giorno Satanta giunse alla fattoria per chiedere a Peacock una lettera di raccomandazione, per andare a fare visita a una carovana di carri. Voleva avere facile preda senza doversi battere, perché la sua tribù non poteva più permettersi di perdere degli uomini. Di’ loro che io sono un grande e potente capo guerriero, ed essi devono darmi molto cibo del migliore che ci sai – gli dettò Satanta. Peacock invece scriveva: Questo è Satanta, il più grande bugiardo e mascalzone delle praterie. Quello che non riuscirà a mendicare da voi, ve lo ruberà. Prendetelo a calci nel suo sporco sedere, quando arriverà al vostro campo. I coloni presero alla lettera questo invito, e Satanta, meravigliato, si fece tradurre da qualcuno questo scritto. Dopo di che radunò una dozzina di giovani guerrieri, guidandoli all’attaco della fattoria di Peacock. Lo uccise insieme a tutti gli uomini del ranch, eccetto un vecchio che dormiva in una cassapanca. Poi incendiarono la fattoria e portarono via tutto il whiskey che potettero trovare.

Il 18 ottobre del 1890 l’Agente agli Affari Indiani H. Leavenworth, figlio del generale che dette il nome al famoso fortino, negoziò un trattato con i Comanche e i Kiowa, i quali accettarono di andare nella Riserva loro assegnata. Nel mese di agosto dell’anno successivo Satanta intrapese una scorribanda nel Texas, uccidendo un uomo e due bambini e facendo prigionieri una donna e tre bambini. Propose allora di liberare i prigionieri e domandò un riscatto a H. Leavenworth, che rifiutò. Egli si rivolse allora a Fort Lodge che invece accettò.




Nel 1867, Satanta firmò il trattato di Medicine Lodge, che rinnegò l’anno seguente. Fu allora fato prigioniero da Philip Henry Sheridan (1831 – 1888) e George Armstrong Custer (1839 – 1876), comtemporanemente a Little Wolf (1820 – 1904), un capo Kiowa che aveva anch’egli firmato il trattato di Medicine Lodge. Sheridan avrebbe voluto impicarli tutti e due, ma dopo aver promesso di non riprendere le ostilità, i due capi furono entrambi rilasciati. Nel 1869 William Tecumseh Sherman (1820 – 1891), divenuto generale a quattro stelle, intrapese un giro di ispezione nel Texas e, nel maggio di quell’anno, andò con una piccola scorta da Fort Griffin a Fort Richardson. Un giorno, il carro che seguiva il generale fu attaccato e la notizia venne trasmessa al comandante di Fort Richardson. 





Tex n. 497, marzo 2002. Disegno di Villa.
 

Il generale Ronald Slidell MacKenzie (1840 – 1889) si lanciò alla ricerca dei responsabili e venne a sapere, da un gruppo di Kiowa venuti a cercare razioni di cibo, che si trattava di Satanta e di un altro Indiano di nome Satank (1800 – 1871). Sherman propose a Satanta un incontro che doveva aver luogo davanti all’ingresso dell’avamposto comandato dal generale Benjamin Henry Grierson (1826 – 1911). Quando i due uomini si trovarono uno di fronte all’altro, il generale rimproverò a Satanta il suo atteggiamento e gli annunciò che lo metteva agli arresti. Giudicato da un Tribunale del Texas, Satanta fu condannato a morte, ma la pena fu commutata in detenzione a vita. Fu rilasciato sulla parola nel 1873.
Qualche mese dopo il capo dei Kiowa partecipava allo scontro di Adobe Walls, il 27 giugno 1874. Fu in quest’occasione che, per la prima volta, si distinse il capo dei Cheyenne Quanah Parker (1845 – 1911). 





Quanah Parker fu sicuramente il piú grande capo dei Comache. Nacque nel 1845 ed era figlio del capo dei Kwahadi, uno dei clan piú feroci della tribú, e di una Bianca, Cynthia Ann Parker (18.. – 1870) che, nel 1835 all’età di dodici anni, era stata catturata nel corso di una scorribanda avvenuta sul fiume Navasota, nel Texas. Qualche anno dopo era stata liberata e rimandata nel Texas con una bambina, sua figlia, ma questa morí e la madre, non potendosi riadattare alla vita dei Bianchi, ritornò fra coloro con i quali aveva trascorso la sua infanzia. Ritrovò suo marito e gli diede altri figli. Egli ebbe allora una grande influenza sulla sua gente, incitandola a osservare i Visi Pallidi e a trarne vantaggio.

Incoraggiò l’istruzione, la costruzione di case e favorí l’agricoltura. Morì nella sua dimora, presso Fort Sill, nell’Oklahoma, vicino alla tomba di sua madre. Nel 1957 il corpo di Quanah Parker e quello della sua cara madre furono trasferiti nel cimitero Militare di Fort Sill. 

Tex n. 498, aprile 2002. Disegno di Villa







Adobe Walls erano le rovine del Trading Post di William Bent (1809 – 1869), abbandonato nel 1844. Nel 1864 il luogo era già stato teatro del celebre scontro fra i Volontari di Kit Carson (1809 – 1868) e un distaccamento di Kiowa e di Comanche, sostenuto dagli Apache.

Il fatto si era svolto in questo modo. Mentre i Navajo tenevano impegnato Kit Carson, i Comanche e i Kiowa compirono delle scorribande lungo la pista di Santa Fé.Nel corso di un attacco a Pawnee Rock, cinque uomini erano stati uccisi e cinque bambini fatti prigionieri. 





Il generale James Henry Carleton (1814 – 1873) dette allora ordine a Kit Carson di dare la caccia ai responsabili. Con 350 Volontari del Nuovo Messico e della California, assistito da 50 Ute e Apache, Kit Carson attaccò un villaggio Kiowa e respinse i difensori in direzione di Adobe Walls. Ebbe luogo un scontro al quale participarono 3000 Indiani: due obici Howitzer li tennero a bada. Kit Carson, dopo aver distrutto il villaggio Kiowa, le sue riserve e le sue provviste, aveva prudentemente dato il segnale della ritirata. Nel 1874 le rovine di Adobe Walls servivano da rifugio ai cacciatori di bisonti che erano alla ricerca delle ultime mandrie che ancora si trovavano nel Sud. Trentotto uomini e una donna vi trascorrevano la notte quando il luogo fu circondato da 700 Kiowa, Comanche e Arapaho. 

Tex n. 499, maggio 2002. Disegno di Villa





I Comanche eseguirono la loro Sun Dance e Quanah Parker presentò la sua pipa di guerra ai Cheyenne, ai Kiowa e agli Arapaho; i suoi compagni gli chiesero di massacrare i cacciatori di bisonti, prima di portare la guerra nel Texas. Due cacciatori vennero uccisi durante l’attacco che fu scatenato all’alba, ma il fuoco nutrito e ripetuto dei Bianchi, fra i quali c’era il Bat Masterson (1853 – 1921) che sarebbe diventato sceriffo di Dodge City, tenne gli Indiani a prudente distanza. 






Nel corso di questo scontro, lo scout Billy Dixon (1860 – 1913) colpí un Indiano a cavallo da una distanza di 1538 iarde, pari a 1300 metri: un colpo incredibile, che segnò così - burlescamente - la fine della battaglia di Adobe Walls e delle sue mura di fango, piombo e sangue..


Wilson Vieira


N.B. trovate i link alle precedenti 14 puntate della Storia del West e agli altri interventi di Wilson Vieira su Dime Web andando sulla pagina Cronologie & Index!

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