giovedì 2 gennaio 2014

IL COWBOY: IL SOLITARIO DELLE PRATERIE, Il RUDE EROE DEL REGNO SELVAGGIO! LA STORIA DEL WEST by WILSON VIEIRA. VIII PARTE.

di Wilson Vieira

Dopo la pausa estiva ("estiva" in senso brasiliano!) Wilson Vieira - autore del Piccolo Ranger negli anni d'oro - prosegue per Dime Web la sua entusiasmante e avvincente Storia del West, che sta riscuotendo sul Web un grande successo. L'avventura era iniziata con Buffalo Bill e ci eravamo lasciati alla fine del novembre 2013 con l'ampio sguardo gettato sul mondo degli Apache: con questa ottava parte si ricomincia... a partire dal cowboy! Scoprirete un mondo inaspettato - lontano dalla retorica propagandistica a stelle-e-strisce e dai falsi echi hollywoodiani - popolato da personaggi soprendentemente vicini all'etica e alla via del samurai nell'antico Giappone. (s.c. & f.m.)





La parola comparve per la prima volta dopo il 1000 d.C., nelle fattorie in Irlanda, e arrivò verso il 1604 - con i prigionieri di guerra irlandesi deportati da Oliver Cromwell (1599 – 1658) - nella Nuova Inghilterra, dove i pastori vestiti di giacche e cappotti di pelle, che spingevano nel 1655 una mandria da Springfield a Boston, si chiamavano già cowboy. Dal 1770 in poi questa parola si usa per gli accompagnatori delle mandrie di bovini in Virginia, Carolina e Georgia. Ma solamente negli anni turbolenti che precedettero la fondazione e la Guerra di Indipendenza della Repubblica Texana (1830 – 1863) si vedono i mandriani specializzati secondo il modello del vaquero messicano. Vaquero deriva dalla parola spagnola vaca che vuol dire "bovino". Fu, in Messico, il predeccessore e il modello del cowboy americano. I primi vaquero erano bovari indiani delle missioni spagnole.




Speciale Cico n. 24, aprile 2004. Disegno di Ferri.





A loro seguì il “mezzosangue spagnolo-indiano” come cavaliere al servizio dei latifondisti messicani, ovvero gli haciendero ("possessori di terre"), gli hacendado ("possessori di bestiame") e i ranchero ("allevatori").
La parola cowboy fu usata per la prima volta negli Stati Uniti per designare gli uomini dello Stato di New York che commerciavano bestiame rubato durante la Rivoluzione Americana (1775 – 1783). Poi, quando il Texas si staccò dal Messico, anche i Texani che contrabbandavano bestiame dalle terre oltre il Rio Grande furono chiamati cowboy. Ci vollero però molti anni prima che la parola diventasse veramente il termine che descriveva "l’uomo a cavallo delle praterie".
Tra il 1840 e il 1860 migliaia di carri coperti si trascinarono attraverso le Grandi Praterie, diretti a ovest. Per quegli uomini e donne abituati alle colline amiche, agli alberi e ai prati verdi, imbarcarsi nell’avventura sulle piste dell'ovest doveva sembrare come uscire da un porto riparato in mare aperto. L’erba inondata dal sole estivo si stendeva senza fine a ogni lato della stretta pista per i carri; non v’era niente di familiare nella monotonia delle praterie o tra i picchi battuti dai venti. Non c’era da stupirsi se consideravano quella terra un deserto e se erano ansiosi di afferrare la prima mano amica che si tendeva loro lungo la pista. I pionieri portavano con sé cavalli e bestiame per popolare le fattorie che avrebbero impiantato una volta attraversate le montagne. Ma quando i carri raggiungevano il fiume North Platte, gli animali erano ormai provati e stanchi e spesso le riserve molto assottigliate. Quando la carovana si fermava prima di un guado o a una stazione commerciale le deboli mucche da latte delle miti vallate del Missouri venivano facilmente cedute in cambio di qualche dollaro o di pochi sacchi di farina.


Tex n. 203, settembre 1977. Disegno di Galep.

 A poco a poco, lungo la pista spuntarono numerosi ranch, dove i commercianti liberavano i pionieri dal bestiame sfinito e si davano da fare per ingrassarlo nelle floride vallate. Piú tardi lo stesso bestiame sarebbe stato rivenduto, naturalmente con un guadagno, al successivo convoglio di viaggiatori che desideravano animali freschi per finire il viaggio. Fu cosí, in modo molto semplice, che gli allevatori sfatarono il mito del grande deserto americano, dimostrando che le mandrie, come i bisonti, potevano prosperare nelle pianure.
Frattanto, nella parte sud-occidentale del Paese era avvenuto un grande cambiamento. I Messicani, che avevano colonizzato con grande successo la California e la Terra dei Tejas, persero grandi quantità di possedimenti in una breve guerra con gli Stati Uniti (1846 – 1848). Le mandrie di bestiame, costate tanta fatica alle missioni spagnole prima e ai rancho messicani dopo, vennero lasciate libere dai vaquero in ritirata. 






Gli aggressivi Conquistatori del Texas, stabilendosi nelle ricche terre da pascolo intorno al fiume Neuces, trovarono tanto bestiame che non si dettero nemmeno la pena di marchiare i vitelli appena nati. Ma, in rapporto alla quantità di manzi esistente, la richiesta era molto scarsa. Si formò allora lungo la costa del Golfo un piccolo commercio di pellami, sego, zoccoli e corna; i manzi texani producevano pelli, candele e colla per il resto degli Stati Uniti.
Poi, mentre i Texani cercavano disperatamente nuovi mercati per la loro ricchezza su quattro zampe, scoppiò la Guerra Civile Americana (1861 – 1865). I cowboy si allearono alla Confederazione Sudista, e per quatro lunghi anni combatterono una guerra disperata contro il Nord. Furono fatti vari tentativi per fornire carne all’Esercito dei combattenti guidando le mandrie fino a New Orleans e alle città del Mississippi. Quando scoppiò la Guerra Civile, larghe zone dell’America furono devastate dai combattimenti. Fattorie e ranch furono bruciati, il bestiame liberato, oppure sequestrato per nutrire gli eserciti rivali. Ma appena i soldati nordisti riuscirono ad aprire una strada lungo la vallata del fiume fino al mare, il Texas rimase tagliato fuori dal resto degli Stati sudisti. Gli animali dalle lunghe corna erravano liberi lungo le valli floride, e quando i cowboy del Texas tornarono a casa dalla guerra in una Nazione rovinata, si accorsero che ve n’erano piú di 5.000.000, tutti animali sani e robusti. Su al Nord la carne mancava, situazione che diede inizio ai grandi trasporti di bestiame. Il bue texano dalle lunghe corna era un diretto discendente del resistente e smilzo animale spagnolo dalle corna lunghe originariamente allevato in grandi mandrie dai Mori sui pianori dell’Andalusia.





Le enorme mandrie di longhorn selvatici furono dichiarate ufficialmente dal Governo texano proprietà pubblica; però non vi erano delle persone a esse interessate, poiché il fabbisogno di carne era basso. Esisteva soltanto un piccolo mercato di pelli, corna, ferri per cavalli, ossa per fare la colla e sego di bovino per fare le candele, e inoltre di crine per i cuscini. Località originaria per il commercio di pelli e sego era la California; per questo motivo la pelle dei bovini era chiamata la “banconota californiana”.
I tempi eroici del cowboy americano iniziarono ala fine della Guerra di Secessione, perché dopo le devastazioni della Guerra il fabbisogno di carne e di pelle crebbe enormemente. Qui il cowboy americano divenne la figura più emblematica dei miti nazionali. Nel 1865 nel Texas - letteralmente invaso dalle mandrie di bovini - ogni capo vale 5 dollari, mentre sui mercati del Nord e dell’Est viene pagato anche 50 dollari.

Almanacco del West n. 4, gennaio 1997. Disegno di Villa.


Ha così inizio un altro affascinante capitolo della Storia americana, quello della grande migrazione del bestiame. Le avventure dei cowboy del Texas servirono a spingere la frontiera degli allevatori sempre piú profondamente nelle Grandi Praterie. Ormai nessuno pensava piú alla terra che si estendeva fra le Montagne Rocciose e il Mississippi come a un “deserto”. Il mito del despoblado - come il territorio era stato battezzato dagli Spagnoli - cominciò svanire quando i primi cowboy guidarono la prima colonna di buoi dalle lunghe corna nel mare di erba. Affrontando viaggi lunghissimi e superando difficoltà di ogni genere, i cowboy guidano le enorme mandrie sino alle stazioni ferroviarie, da dove il bestiame viene diretto verso le Riserve Indiane e le città dell’Est. La rivalità fra le diverse compagnie ferroviarie, che facevano a gara per essere le prime ad attraversare il Continente, portò ogni anno piú a Ovest le città-capolinea. C’erano una dozzina circa di compagnie: la Union Pacific, la Kansas Pacific, la Atchison, la Topeka & Santa Fé, la Burlington, la Texas Pacific e altre ancora.





Spuntavano le città nella prateria; gli indiani si ritiravano, i bisonti erano ammazzati e l’intero Paese si trasformava. Poi si esaurí il primo impeto di eccitazione per il denaro e il Texas cominiciò a riprendersi dagli effetti della Guerra Civile.
Ecco il numero di capi di bestiame nel 1860 nei vari Stati: Kansas, 93.455; Nebraska, 37.197; zero in Colorado, Wyoming, Montana e Dakota. Nel 1880 i numeri sono enormemente maggiori: Kansas, 1.533.133; Nebraska, 1.113.247; Colorado, 791.492); Wyoming, 521.213; Montana, 428.279; Dakota, 140.815. Nell 1866 260.000 capi passano il Red River e, attraverso l’Arkansas e il Kansas meridionale, raggiungono Sedalia, nel Missouri. I ladri di bestiame rendono impossibile la vita dei cowboy che cercano nuove vie e nuovi sbocchi nello Wyoming, in Illinois e nello Iowa. Abilene nel Kansas è il primo centro organizzato di smistamento del bestiame. Ai capolinea ferroviari, come Abilene, le mandrie venivano tenute in grandi recinti fino a quando potevano essere caricate su treni speciali. Schioccando grandi fruste, i cowboy spingevano il bestiame sui vagoni. Dal 1866 al 1880 più di 4.000.000 di capi compiono viaggi di circa 300 chilometri per arrivare a destinazione. C’erano anche altri problemi: le compagnie ferroviarie, dopo aver costruito le linee, pretendevano una tassa per ogni giorno in cui i treni facevano servizio, e non solo una volta che il lungo trasporto aveva raggiunto la meta. E così, per incoraggiare gli allevatori a costruire le fattorie vicino alle strade ferrate, le compagnie offrirono terra a prezzi molto bassi.

I Grandi Comici del Fumetto n. 1, maggio 1997. Disegno di Jacovitti.


E presto accadde che, come i contadini intorno a Baxter Springs ai primi tempi del trasporto di bestiame, i coltivatori della prateria ebbero paura che il bestiame del Texas distruggesse il loro raccolto e portasse nella zona la "febbre del Texas". Infatti sulla dura pelle del bue dalle lunghe corna viveva un parassita portatore di una malattia, e sebbene il bue del Texas ne fosse immune, il parassita poteva abbandonare l’animale e attaccare la prima mucca che passava nei paraggi. Questa poteva benissimo essere un animale delle nuove fattorie, non cosí resistente come la razza del Texas; per questo furono approvate molto presto leggi sulla quarentena che fermavano i buoi dalle lunghe corna prima che entrassero nei nuovi insediamenti. Gli Indiani, sul cui territorrio passano le mandrie, si rivolgono al Governo per chiedere un pedaggio di 10 centesimi per ogni capo. Ciò causa sanguinosi scontri fra i cowboy e gli indiani che cercano di difendere i loro buoni e giusti diritti.
Di fronte alla crescente opposizione, l’allevatore cominciò a cambiare tattica. Se non poteva piú portare il suo bestiame a Nord dai vecchi territori di allevamenti del Texas, allora doveva cominciare a crescere il suo bestiame nella prateria, vicino alla ferrovia. Sapeva che il clima sarebbe stato duro, con tempeste e tormente invernali, ma sapeva anche che i suoi animali avevano dimostrato la loro capacità di resistenza lungo le piste. Lasciate libere nelle Grandi Praterie le bestie avrebbero potuto raschiare la neve durante l’inverno per trovare quel fieno naturale e sano che aveva già sfamato i bisonti, e sarebbero poi ingrassate di nuovo durante la primavera. Se ci fosse stata la bufera, potevano offrire la groppa ossuta al vento e lasciarsi spingere da esso. Cosí i buoi longhorn furono lasciati liberi.
Allora gli allevatori assunsero ai loro ordini inizialmente un certo numero di uomini disposti a guardare e guidare le mandrie in quella lunga marcia; nacque così la figura-icona del cowboy americano. Quest’epoca finì quando la ferrovia fece scomparire il timore per il West selvaggio, e portò milioni di coloni nel West, dove presero possesso della terra e la recintarono. Durante questa generazione - di circa 30 anni - il cowboy si trasformò in Homo Americanus, quel tipo di uomo che prima e dopo non è mai più esistito.
Nel West si dice che uno deve avere doti eccezionali per tenere a bada le tre specie di animali tra le più imprevedibili al mondo: Il bue, il cavallo e il cowboy







La causa di ciò fu il Codice d’Onore del cavaliere basato sulle leggi naturali, al quale il cowboy si sottoponeva volontariamente. Il Codice d’Onore del cowboy consisteva in 10 comandamenti:

1- Non ti interessare del passato del tuo vicino.
2- Sii ospitale verso lo straniero e sii pronto a dare la tua vita per il suo benessere.
3- Offri una buona possibilità a ogni nemico e combattilo solo quando puoi vedere il bianco dei suoi occhi.
4- Non sparare a nessun uomo disarmato e sii indulgente con l’avversario che cede.
5- Non profferire parole ingiuriose senza prima calcolare le più serie conseguenze.
6- Non essere ingrato.
7- Difenditi solo quando l’autodifesa è necessaria: la tua vita non ha alcuna importanza, importante sono soltanto il tuo onore e la considerazione di te.
8- Non portar via a nessuno ciò che non ti appartiene.
9- Sii pronto ad assistere i deboli e le donne e a proteggerli contro tutto e contro tutti, e non permettere che venga loro torto anche un solo capello.
10- Se nessuno desidera o attende il tuo aiuto, preoccupati solo di te stesso.

Soldi e sucesso - le due cose più importanti per gli Americani - non gli interessavano; ma onore, stima per se stesso, premura per gli altri e dignità per lui erano tutto. Questo Codice d’Onore volontario non permetteva una sottomissione ad una persona più potente. Per questo motivo la società dei cowboy era una democrazia perfetta; essi venivano giustificati dal plebiscito giornaliero degli uomini, che riconoscevano solidamente l’opera personale e la forza del carattere. 






Il cowboy fu il vero “aristocratico americano”, che impersonava una specie di “Cavaliere della Colt” nomade, che guardava dall’alto in basso i mortali “uomini a piedi”, e che rifiutava rigorosamente un altro lavoro che non fosse il suo. Per questo motivo cercatori d’oro, coltivatori, operai della ferrovia e cacciatori di bisonti non erano mai dei veri cowboy.
Le contese personali dovevano regolarsi, per principio, su terreno neutrale, come durante i viaggi di trasferimento della mandrie o al termine di esso, a lavoro compiuto. Se nessun testimone er apresente, bastava l’assicurazione del sopravvissuto che tutto si era svolto secondo le regole perché l’esito venisse accettato. Se qualcuno metteva in dubbio la parola, la dignità o la lealtà di un cowboy, e ciò non corrispondeva a realtà, per quest’uomo era finita. Nessuno gli dava più lavoro, nessuno gli rivolgeva più la parola.
Chiunque incontrasse nella regione un povero o qualcuno bisognoso di aiuto gli concedeva subito ogni assistenza per tutto il tempo che era necessário. Ciò valeva specialmente per le donne, per chi si era smarrito, per i feriti e i bambini. Molti cowboy hanno perfino dato la loro vita per salvare altre persone; hanno preso il posto del padre presso fanciulli orfani e hanno salvato gente che aveva perso la strada offrendo loro il proprio cavallo.


Zagor n. 529, agosto 2009. Disegno di Ferri.



Oggi i racconti di suicidi suonano incredibili, ma il Codice d’Onore ammetteva esplicitamente un simile sacrificio di sé. Se accadeva che un uomo, in un momento di eccitazione, violasse le più elementari prescrizioni del Codice d’Onore, poteva riaquistare l’onore perduto solo dandosi la morte. I cowboy ritenevano indegno di un uomo il venir chiusi in prigione: preferivano venir uccisi durante la fuga.
Ma chi fu veramente il cowboy? Egli fu un fenomeno tipicamente texano. Per numero il mondo dei cowboy era piccolo. Nessuno sa quanti fossero; alcune migliaia, forse, perché un solo cowboy era in grado di tenere dietro a molte bestie e coprire cosí una vasta estensione. Generalmete non era sposato e, poiché passava la maggior parte del suo tempo col suo cavallo era abituato al silenzio e famoso per esprimersi con poche parole. Erano uomini che lavoravano duro per paghe irrisorie, trascorrendo in sella diciotto ore al giorno per diversi mesi consecutivi, inzupati di pioggia o arrostiti dal Sole. Dai 30.000 ai 50.000 uomini a cavallo gustarono, in spazi liberi e sconfinati, l’ideale di un'illimitata libertà, costituirono una società tipicamente maschile, che pur corteggiando sempre la donna come femmina, rifiutava tuttavia il matrimonio. 




Anche quando, arrivati nelle città di vendita dei bovini, i cowboy si accompagnavano a prostitute affette da malattie veneree, contraevano più rapidamente e più violentamente di altri la gonorrea e la sifilide. Le conseguenze in campo sanitario della sua sregolatezza sessuale - le malatie veneree - sono frequentissime nella vita del cowboy. La difusissima gonorrea (detta volgarmente "scolo") poteva venir curata solo a prezo di sofferenze fisiche; la lue (o sifilide) era un contagio che arrecava un deperimento organico capace di portare alla morte. Alle cure a base di mercurio - che esigevano pesanti sacrifici ed erano accompagnate da noiosi effeti secondari - contro la sifilide, il cowboy preferiva per lo più la morte in qualche posto selvaggio o in combattimento.
La vita del cowboy era durissima e niente affatto romantica come nei film. In primavera i cowboy dovevano raccogliere il bestiame disperso su centinaia di chilometri quadrati di pascolo libero. Poi seguivano i lunghi mesi in sella, a respirare la polvere sollevata da migliaia di zoccoli in marcia verso i nodi ferroviari. E anche se riceveva un salario regolare, era molto independente e non si considerava assolutamente una semplice "forza lavoro". Il cowboy dipendeva molto dal proprio cavallo e per esso provava un sincero e profondo attaccamento, anche se spesso apparteneva all’azienda per la quale lavorava.
Infine il cowboy portava la pistola. Generalmente era una Colt, usata per la prima volta dai Texas Rangers durante la guerra contro il Messico nel 1846. La pistola divenne in seguito molto popolare tra gli uomini delle praterie. La portavano come strumento di lavoro, proprio come il contadino porta il bastone per aiutarsi. Il cowboy la usava contro gli animali selvaggi, contro il bestiame inferocito e contro gli indiani. Ma schiacciava pure anche i chicchi di caffè con il calcio! Sulla “pistola veloce” e sull’ “estrazione fulminea” si sono scritti fiumi e fiumi di parole non vere. Qualcosa di vero c’è naturalmente, ma la maggior parte dei cowboy riuscí probabilmente a vivere un’intera vita senza sparare mai contro un altro uomo.





Poiché in molti casi la Legge scritta non teneva in considerazione il criterio dell’onore, i cowboy disprezzavano spesso l’azione legale dei processi, ignoravano la funzione degli Ufficiali della Giustizia e dei Giudici, poiché erano abbastanza uomini da saper regolare i loro affari. Per questo in molti casi nascevano sanguinose faide tra famiglie e parentadi, che spesso si trascinavano per generazioni e finivano solo con l’eliminazione dell’ultimo uomo. Naturalmente simile faide avevano sempre uno strascico giudiziale. Ma poiché era contrario al Codice d’Onore citare il passato di un uomo, accadeva che durante il processo o addirittura a processo terminato, si appiccasse il fuoco all’edificio in cui esso si svolgeva, distruggendo così tutti gli atti. Era anche a causa di questo Codice d’Onore che in molti verbali di linciaggio non si permetteva all’uomo convinto di un reato di rinnegare la sua colpa o di appellarsi alla grazia dei linciatori.
La superba arroganza dei cavalieri, per esempio, non permetteva la lotta con i pugni, ma preferiva il leale duello con il revolver. In verità il cowboy disprezzava il combattimento a pugni e a coltellate. Questo era infatti il modo di combattere dei “guardiani di muli e dei Messicani”. L’unico tipo onorevole e stimabile di combattimento era per il cowboy il duello con il fucile o la pistola, durante il quale si dovevano osservare le rituali condizioni. Per prima cosa si doveva mettere in guardia l’avversario che alla “prossima occasione” egli sarebbe stato sfidato. Se questa “prossima ocasione” si presentava, non si doveva pretendere per sé alcun vantaggio in cui non potesse godere anche l’altro. 






Così, per esempio, nel 1869 i cowboy Andrew T. Mullins e Duck F. Snowden si affrontarono a fucilate in una strada del Texas, tenendosi ciascuno al riparo di botti d’acqua, finché Mullins non rimase senza munizioni. Gridò alzandosi in piedi: Non ho più pallottole! Rispose Snowden: Muoviti, va' a comperarne venti e portane dieci anche per me, così ne avrò anch’io come te!” Snowden era già stato ferito da tre proiettili e la perdita di sangue l’aveva già indebolito. Allorché il combattimento riprese, Mullins uccise Snowden, e solo gli abitanti della città si indignarono. Ma per i cowboy tutto si era svolto secondo il Codice d’Onore che non era mai stato scritto.
Abilene nel 1870 vanta 10 pensioni, 10 saloon, 5 magazzini generali e 4 alberghi. Vi si combinano grossi affari, ma anche ci si diverte pazzamente; è la meta che i cowboy sognano davanti ai fuochi dei bivacchi. L’odore della città, sommersa e circondata dai bestiame, si può sentire a dieci miglia di distanza.


One Shot n. 2, luglio 2007. Disegno di Calegari.


La città di Tascosa, particolarmente restia alla Legge, è chiamata la “piccola Dodge City”. Lo scrittore Mark Twain così elenca le regole da rispettare negli alberghi di questa località: Solo i più coraggiosi meritano un posto in quella città. Le lenzuola vengono cambiate ogni sei mesi, più spesso se necessario. I pensionanti sono pregati di lavarsi gli stivali, sempre che ne abbiano il tempo.
Dodge City era detta la Regina delle Città dei Bovini, la Città della Sei-colpi, l’Inferno della Pianura. Vi era un saloon ogni 50 abitanti. A Dodge City esistevano solo due case non aperte a tutti: la prigione e la chiesa. Era la città in cui il Wild Old West bruciava della sua più grande fiamma avventuriera. Vi si poteva trovare di tutto.
L’esuberanza dei cowboy, quando giungevano sui centri abitati dopo centinaia di miglia a cavallo, esplodeva in tutta la sua primitiva violenza. Le risse di questi figli della prateria, generate da controversie di gioco o dal whiskey, sono rimaste famose soprattutto attraverso le ricostruzioni cinematografiche. La solitudine dei mesi nella prateria - in cui le uniche voci erano i muggiti degli animali, il sibilo del vento e l’ululato dei coyote - portava al parossismo il desiderio dei cowboy di veder gente, di giocare, di sentir musica, di avere un tetto sopra la testa e buone bottiglie a portata di mano. In due parole: il desiderio di far baldoria!
Gli altri cari e fedeli amici dei cowboy nomadi erano: il chuck wagon - detto anche trail wagon, oppure commissary, come lo chiamavano spesso i Texani - il cookie, il chuck e l'angel food cake




Il chuck wagon era un semplice carro da fattoria a quattre fuote con 4-5 arcature di ferro per reggerne la copertura. Nella parte posteriore era collocata una cassa a foggia di armadio, la chuck-box sporgente dall’assale, che conteneva scaffali e cassetti per gli utensili da cucina. L’anta di chiusura di questa cassa-armadio, abbassata a mezzo di cerniere e posta in posizione orizzontale con il sostengno di un'asse, serviva come tavolo da cucina. Sotto questo tavolo pieghevole, quando ci si accampava, veniva appeso un grosso catino per la raccolta delle stoviglie sporche. Nella parte anteriore del carro anche il posto a cassetta con il suo schienale era fatto a forma di cassa; lo schienale serviva come coperchio di un rispotiglio a scaffali, nel quale erano contenute munizioni, medicine e armi. Il sedile fungeva da coperchio di una cassa nella quale erano stivati ferri da marchio, strisce di cuoio quale pezzi di ricambio, anelli da finimenti e altro ancora. Sotto il carro chuck pendeva appesa a un gancio una pelle di bovino piena di carbone, legna o sterco di bisonte essiccato. Nel carro, nella parte posteriore di un assale laterale, in una cassa aperta ricavata più in basso, stava il barile per l’acqua, incatramato nella parte interna, con il tappo e il rubinetto posti verso l’esterno. Quattro cavalli (o muli) tiravano il carro che portava sempre provviste per un mese, e che aveva sufficiente spazio per le coperte arrotolate, il vestiario di ricambio per i cowboy e attrezzature da cucina. Questa attrezzatura - che consisteva in un fire pit (il focolare), una stufa dutch oven (forno olandese) con coperchio, uno spiedo di ferro, ganci e diversi tegami e pentole - era di dimensioni tali che il tutto era ben stivabile e occupava poco spazio. Il cuoco guidava il carro ed era il suo padrone assoluto. In nessun’altra parte del mondo esisteva una casa mobile, per 10-20 cowboy, tanto perfettamente adatta ai territori selvaggi in ogni condizione di clima possibile, anche soltanto paragonabile al carro dei cowboy





Il cookie è il cuoco del gruppo dei cowboy e padrone assoluto di tegami e pentole, dei menu e della vita di accampamento. Dopo il rancher, il cuoco era l’uomo più importante nel ranch, e durante lo spostamento delle mandrie e il round up da lui dipendeva il benessere degli uomini. Egli si alzava per primo al mattino e andava a dormire per ultimo. Un buon cuoco sapeva bene di quale cibo - con il clima caldo e secco oppure durante il freddo e la pioggia - necessitavano i cowboy per poter eseguire il loro faticoso lavoro. Oltre a ciò era barbiere e dottore, faceva la barba e tagliava i capelli dei cowboy, estraeva le pallotole dalle ferite, medicava le ferite, preparava medicine, tinture, pomate e caffè. Era una guida per i carri molto in gamba, un sapiente filosofo, un duro, che sapeva usare il fucile, il revolver e la frusta come le sue vecchie pentole. Era sellaio, fabbro, aggiustava gli indumenti di pelle e i timoni dei carri e preparava i ferri per i cavalli. Toglieva i denti e amministrava i soldi e i risparmi dei Cowboys. Raccontava delle vecchie storie, suonava il violino oppure la chitarra per divertire i cowboy nelle loro ore di libertà. Era arbitro durante le lotte e allibratore per le scommesse. Era giudice, accusatore e difensore durante i litigi. Come sarto egli aggiustava i vestiti; come calzolaio gli stivali. Era geologo e faceva le previsioni del tempo; dalla conformazione dei terreni stabiliva dove trovare l’acqua e dove no, e guardando l’orizzonte capiva si doveva piovere o se arrivava una tempesta di sabbia. Egli scriveva le lettere dei suoi boy e leggeva per loro la Bibbia, seppelliva i morti e diceva le preghiere. Tempeste di grandine e sabbia, attraversamenti di fiumi, deserti e paludi, caldo e freddo, indiani e banditi, lupi e coyote, tutto questo erano handicap che non impedivano a un buon cuoco di preparare il pranzo per l’ora giusta e di adempiere a tutti i suoi doveri. 




Chuck era una parola usata dai cowboy per indicare un pasto buono - un pasto che andava bene giù "sotto le costole". Ai vecchi tempi pancetta affumicata, carne bovina, pane e caffè ne formavano i principali elementi. Le verdure erano estremamente rare. A nessun cookie mancava la fiaschetta contenente pasta levitata, con la quale cucinava gli amati panini chiamati sourdoughs.





I cowboy trascorrevano generalmente sedici ore in sella; erano esposti a tutte le variazioni del tempo e del clima e il loro era un lavoro durissimo. Adeguatamente nutriente doveva essere perciò il loro cibo. Nella media un cuoco calcolava che il consumo giornaliero per ogni cowboy fosse di 2-3 libbre di carne, 2 libbre di pane e farinacei, una libbra di pancetta affumicata e grassi e ½ libra di zucchero o sciroppo maple, il succo concentrato e dolce dell’acero, che i cowboy preferivano allo zucchero. Sebbene esistano diverse centinaia di ricette dei cowboy, la cucina in genere era molto monotona e povera di varianti. Il piatto principale era formato da bistecche, una salsa di grasso di rognone, (o anche di sego di bovino), acqua e farina, pane fresco e un caffè che avrebbe fatto balzare a cavallo il cowboy più vecchio e avrebbe fatto gridare i morti più morti dalle loro tombe. Il cavaliere solitario macinava i suoi chicchi di caffè con il calcio dela rivoltella e faceva il pane avvolgendo l’impasto di farina di granoturco e acqua attorno a un ramo e tenendolo sul fuoco sino a che il pane era cotto. Latte, burro e uova erano disponibili soltanto nel ranch o quando si giungeva nelle vicinanze di centri abitati. Durante il round up, in occasione del quale venivano castrati numerosi torelli, vi erano le amate “ostriche della prateria”, considerate come una ghiotoneria e come uno stimolante della virilità, che erano costituite da testicoli tagliati, immersi nell’acqua e trattati con molte spezie. C'era poi il son-of-a-gun-stew (lo "spezzatino-figlio-di-un-revolver"), che era fato di cervello, fegato, cuore, rognone, stomaco e lingua di vitelli appena uccisi perché troppo deboli per sopravvivere. 








Angel food cake era il nome del dolce del cowboy che veniva preparato nel ranch soltanto durante I giorni di festa: 250 g di farina di grano e farina di granoturco, 300 g di zucchero, 15 bianchi d’uovo, 100 g di panna, un pizzico di sale, 1 cucchiaio di vaniglia, 2 cucchiai di zucchero caramellato e un po' di canella.

Tuttavia quest’epoca di valori magici e odori naturali finì quando la ferrovia fece scomparire il timore per il West selvaggio, e portò milioni di coloni a Ovest, dove presero possesso della terra e la recintarono. Il filo spinato è il protagonista centrale di una sanguinosa lotta tra i “baroni del bestiame”, che non ammettono limitazioni ai pascoli, e gli agricoltori ai quali il bestiame rovina le colture. Nel 1873, la ferrovia, inoltrandosi nel Texas, raggiungeva Denison e, pochi anni dopo, San Antonio. Gli allevamenti venivano così messi in diretta comunicazione ferroviaria con i grandi macelli di Chicago. Il filo spinato appare sulla scena del West nel 1870. Il primo che lo usa, a San Antonio nel Texas, è un agricoltore tedesco. I buoi, non ancora assuefatti alla novità, vi si buttano contro e si feriscono. Il giorno successivo l’agricoltore riceve la seguinte anonima intimazione: O sbattete giù quell’inumana, crudele barriera, o lascerete, signore, la città in una bara!
I cowboy hanno una canzone: Dicono che il cielo sia una libera terra di pascolo, ma c’è il filo spinato, e coltri di filo spinato giù all’Inferno.






Verso il 1880, un cowboy che cavalcasse verso nord dal Texas, raramente avrebbe perso di vista i buoi dal muso bianco. Trovava difatti molte palizzate lungo il suo cammino, e malediceva il bob wire (deformazione di barb wire, il filo spinato), come lo chiamava con vero disprezzo. Ma gli animali della nuova razza dovevano essere tenuti divisi dai vecchi e selvaggi buoi dalle lunghe corna e questa nuova scoperta, con i suoi aspetti crudeli, permetteva agli allevatori di tenere separati i nuovi incroci. Dalle Staked Plains al New Mexico, dal Kansas al Colorado, dal Dakota al Montana i Cowboy avevano fondato un nuovo impero: il regno del bestiame del West Americano.
L’espansione dell’agricoltora è tuttavia inarrestabile, e la Legge tende a favorirla. Con l’avvento della meccanizzazione e con lo straordinario aumento della popolazione, tra il 1860 e il 1910 il numero delle fattorie sale da 2.000.000 a 6.000.000. In seguito anche gli allevatori circondono di filo spinato i loro pascoli. 







Nel 1861 il colonnello William H. Day (1833 – 1881) chiude la sua proprietà di circa 7.000 acri, nel Texas, in una solida barriera di filo spinato. È il famoso Pascolo del Filo Rosso. Subito entrano in azione i tagliafili con conseguenti sparatorie. Un noto giornale di Chicago pubblica la notizia: L’Inferno si è scatenato nel Texas. I tagliafili recidono 500 miglia di reticolato. Ma il filo spinato è destinato alla vittoria. Un anonimo cowboy scrive in una lettera: Quando vidi una macchina per la fabbricazione del filo spinato all’opera e mi dissero che ce n’erano a migliaia in funzione, andai a casa e dissi ai ragazzi che potevano riporre le cesoie. Capii che il filo spinato avrebe vinto e che tra filo spinato e ferrovie i giorni del cowboy erano contati

Tex n. 486, luglio 2004. Disegno di Villa.


Quando l’era del pascolo libero e del cavaliere nomade finì a causa del rapido progredire della rivoluzione tecnica, tanti cowboy preferirono diventare “banditi liberi”, piuttosto che sottoporsi all’era nuova delle parcelle e del management. Egli non rubava per arricchirsi con il bottino, ma per “giocare con la vita” e finire come era giusto per un uomo libero a cavallo. Non conoscevano la paura della morte, perché è più importante come uno vive che quanto uno vive.
Il cowboy è simbolo di eterna gioventù ed è - a confronto con il potere assoluto dello Zio Sam, simbolo del pragmatismo - la figura simbolica e vera dell’idealismo utopico. Il cowboy di quei tempi era un uomo non civilizzato, duro e rozzo, ma tuttavia nessun tipo di uomo nella Storia ha dimostrato prima di lui in modo così chiaro e inequivocabile che non è possibile né conquistare né difendere la libertà senza violenza, che la misura della libertà corrisponde alla misura della violenza di cui si è capaci per amore di quella. Questo dunque fu l’uomo solitario che conquistò le Grandi Praterie; l’umile e rude eroe in carne e ossa del Regno Selvaggio del Vecchio West. 





Ma nella leggenda immaginaria fino a oggi tutti i ragazzini del mondo vivono la loro epopea, sono tutti cowboy del Texas, i duri, forti e allegri cavalieri erranti della sconfinata prateria dei sogni... 





Wilson Vieira


N.B. Potete trovare i link alle altre puntate della Storia del West di Wilson Vieira andando sulla pagina delle Cronologie! Oppure potete andare anche sul blog di Wilson!


P.S. Tutte le illustrazione - eccetto quelle bonelliane - sono state scelte e posizionate nel testo da Wilson in persona!

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